Lo hanno sempre chiamato il ‘re del videopoker’, per la sua capacita’ di guadagnare milioni di euro con le centinaia di macchine mangiasoldi imposte ad una miriade di titolari di bar e locali pubblici di Reggio Calabria e provincia, ma la sua vera passione erano i quadri di valore dei pittori piu’ famosi.
A Gioacchino Campolo, di 73 anni, legato alle cosche di ‘ndrangheta piu’ influenti di Reggio Calabria e che sta scontando una condanna a 18 anni per estorsione aggravata dalle modalita’ mafiose, la Guardia di finanza ha confiscato beni per un valore di oltre 330 milioni di euro e tra questi ci sono 119 quadri di valore. Campolo aveva appesi alle pareti di casa, trasformatasi con gli anni in un vero e proprio museo, tele di Dali’, De Chirico, Guttuso, Migneco, Ligabue, Fontana, Sironi e Cascella. Una vera e propria mania, quella di Campolo, che lo aveva indotto ad investire proprio nell’acquisto di quadri dei maggiori pittori italiani una parte consistente degli enormi proventi che otteneva coi i videopoker.
La maxiconfisca disposta a carico di Campolo dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, presieduta da Kate Tassone, rappresenta uno dei provvedimenti piu’ importanti attuati contro l’acquisizione dei patrimoni illeciti accumulati dalla ‘ndrangheta. Oltre ai quadri, sono stati acquisiti definitivamente alla proprieta’ dello Stato 250 immobili, molti dei quali di notevole pregio artistico ed architettonico, ubicati a Reggio Calabria, Roma, Milano e Taormina. Campolo era proprietario anche di alcuni appartamenti, anche questi confiscati, a Parigi.
Oggetto del provvedimento, inoltre, sei automobili di lusso, 126 locali commerciali, quattro imprese, 56 terreni e 26 conti correnti bancari e postali in Italia ed in Francia.
Secondo Michele Prestipino, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, ‘Gioacchino Campolo rappresenta una figura paradigmatica della cosiddetta ‘zona grigia’ della ‘ndrangheta’.
Campolo aveva messo a disposizione di alcune delle piú temibili cosche cittadine, i De Stefano, gli Zindato e gli Audino, la ricchezza illecitamente accumulata grazie ad una imponente evasione fiscale ed all’utilizzo di videopoker truccati. Un immenso patrimonio che gestiva e che era a disposizione della ‘ndrangheta’.
Campolo, secondo quanto e’ emerso dalle indagini, proprio grazie ai suoi collegamenti con la ‘ndrangheta, esercitava una condizione di dominio assoluto imponendo praticamente ad ogni esercizio pubblico di Reggio Calabria l’utilizzo dei suoi videopoker, che erano alterati per ridurre la possibilita’ di vincita ed aumentare cosi’ i suoi guadagni.
Discussione su questo articolo