In questi giorni, si sono sentiti dei racconti quasi “agiografici” sulla persona dell’ex-presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Qualcuno l’ha definito “liberale” quando egli era un comunista convinto. Poco ci mancava che Napolitano fosse elevato immediatamente agli onori degli altari.
Durante i funerali laici dell’ex inquilino del Quirinale, il cardinale Gianfranco Ravasi ha citato questo versetto del libro di Daniele: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”.
Personalmente sono d’accordo con Andrea Di Bella. Penso che sia doveroso portare un rispetto umano alla figura di Napolitano, cosa da persone civili. Chi ha gioito per la morte dell’ex presidente non ha fatto una cosa edificante. Ma la santificazione di Napolitano è fuori luogo.
Deve essere ricordato che Napolitano fu favorevole ai carri armati sovietici in Ungheria, nel 1956. Egli era un dirigente di quel Partito Comunista legato a doppio filo a Mosca. Inoltre, deve essere ricordato anche il ruolo che, nella veste di presidente della Repubblica, Napolitano ebbe nel 2011, quando un governo democraticamente eletto fu fatto cadere (nel modo noto a tutti noi) e fu rimpiazzato da un esecutivo tecnico che mise in atto politiche che distrussero la nostra economia. Ci furono persone rovinate economicamente che si tolsero la vita.
Inoltre, Napolitano avrebbe fatto un gesto nobile e di pacificazione nazionale se avesse concesso la grazia all’ex-premier Silvio Berlusconi. L’allora presidente della Repubblica non lo fece. Si comportò come una figura politica divisiva, al di là del giudizio sulla persona.
Per questo motivo, rispettare Napolitano è doveroso e da persone civili, ma santificare il suo nome è fuori luogo, com’è stata fuori luogo la citazione del brano biblico fatta dal cardinale Ravasi, perché la persona in questione aveva rifiutato il Cristianesimo. La scelta del funerale laico è stata la prova del nove.