L’appello di Giorgio Napolitano a forze politiche e magistratura ad aprire una fase meno ostile e’ caduto sostanzialmente nel vuoto. Il centrodestra si e’ convinto che si voglia giungere ad una specie di ‘operazione Craxi 2′, dopo le dichiarazioni di esponenti del Pd che si sono detti pronti a votare per una eventuale richiesta di arresto di Silvio Berlusconi (se gli atti risultassero fondati) e soprattutto dopo il serrato calendario di sedute che il tribunale di Milano ha disposto per la settimana prossima. Tra i berlusconiani c’e’ chi minaccia la ‘rivoluzione’ sebbene dalla magistratura di Napoli (che indaga sul caso De Gregorio) non sia giunta per ora nessuna richiesta: le parole di Giancarlo Migliavacca sulla posizione democrat sono state interpretate quasi come un ‘suggerimento’ ai Pm napoletani.
Nella giornata in cui la Chiesa ha dato al mondo una dimostrazione di velocita’ decisionale e ampia apertura al dialogo con l’elezione del nuovo Papa, il mondo politico italiano trasmette invece un’immagine di incomunicabilita’ senza precedenti. Il Pd, secondo la destra, e’ tentato di sconfiggere definitivamente il Cavaliere per via giudiziaria visto che non ci riesce nelle urne; il Pdl, secondo la sinistra, accarezza invece l’idea dell’Aventino per sovvertire le regole democratiche e la giustizia uguale per tutti. Il risultato e’ quello di aprire una prateria a Beppe Grillo il quale rimprovera al capo dello Stato di non aver condannato la manifestazione del Pdl sotto il tribunale di Milano e di aver ricevuto invece Angelino Alfano con una sorta di indiretta copertura. Non hanno torto quegli osservatori che, alla luce di queste diatribe, parlano di una progressiva balcanizzazione della situazione politica italiana. Con i rischi che cio’ comporta. Come ha detto Napolitano dopo un colloquio con il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, la crisi si sta approfondendo e i problemi economici dovrebbero essere al centro dell’attenzione.
Invece anche il cattivo esito dell’asta dei Btp (con l’ azzeramento del differenziale con i titoli spagnoli) e’ passato quasi sotto silenzio. Cio’ consente a Grillo di dire, senza praticamente nessuna smentita, che l’ Italia e’ di fatto fuori dall’euro: a suo avviso i paesi del Nord Europa ci molleranno appena recuperati i loro crediti.
Mario Monti coglie il pericolo di questa deriva quando boccia la strada intrapresa dal Pd per un’intesa con i 5 stelle: il premier sostiene che la strada migliore resta quella delle larghe intese, magari allargate ai grillini se saranno disponibili, per un governo di scopo per le riforme. Il Professore ritiene che in questo momento si debba lavorare per un riconoscimento reciproco tra Pd e Pdl e non per le divisioni.
I centristi, aggiunge Casini, svolgeranno un ruolo di coesione nazionale. Ma anche il Pd si e’ fatto cauto sulle possibilita’ di intese con il Movimento 5 Stelle: il fatto che Matteo Renzi (definito ‘l’ultima carta del Pd’ da Michele Salvati, direttore del Mulino) sia uscito allo scoperto, dicendosi pronto a candidarsi alla guida del governo se Bersani dovesse fallire, la dice lunga sulle incertezze che serpeggiano nel partito che ha vinto le elezioni. Renzi annuncia di lavorare a un ‘Job act’, un provvedimento per il lavoro, e anche in questo misura le distanze dalla dirigenza democratica.
La prima parte della partita si svolgera’ sulla presidenza delle Camere: il Pd potrebbe decidere di concedere la presidenza del Senato ai montiani e di mantenere per se’ quella della Camera, ma cio’ naturalmente significherebbe chiudere i canali di dialogo con Grillo. C’e’ poi il rebus del Pdl che, se tagliato fuori da ogni negoziato, potrebbe complicare la partita del Quirinale, il vero obiettivo dei democratici. Il compito di Bersani e’ certamente il piu’ difficile e dalle sue scelte potrebbe anche dipendere il successo di un eventuale governo istituzionale a tempo che faccia le riforme indispensabili per poi tornare alle urne.
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