Figlioccio del grande Muhammad Ali, nato in Senegal, ma ‘fiero e orgoglioso di essere italiano’: ecco ‘Muhammad’ Ali ‘Ndiaye, il pugile che venerdi’ si battera’ per il titolo europeo dei supermedi contro il francese Christopher Rebrasse sul ring di Brindisi. Ali e’ un campione di pugilato ed e’ anche italiano, ma lo e’ diventato non per meriti sportivi – come proposto dalla ministra dello sport Josefa Idem – bensi’ per il suo matrimonio con una giovane italiana, avvenuto nel 2002. ‘Se non mi fossi sposato, sarei ancora un vu cumpra’ in giro per le strade, altro che campione’ dice Ali.
Da ieri ‘Ndiaye e’ un grande sostenitore della ministra Idem. Il nerissimo ex senegalese che parla con l’accento toscano, e che sta scalando le vette continentali della boxe avvolto nel tricolore, e’ diventato il campione che e’, quasi per un caso, cioe’ per l’incontro con Federica, siciliana di Sciacca, avvenuto su un treno: lei andava a casa, lui vendeva collanine. ‘Vu cumpra’ ? le ho detto. E il vu cumpra’ avrei fatto per tutta la vita’ dice. ‘Invece con Federica fu amore, le nozze, due figli, e anche il diritto di cittadinanza, una nuova vita nella legge, la possibilita’ di fare la boxe da professionista, seguendo un’abitudine di famiglia’: il padre Moussa, fu 5 volte campione nazionale in Senegal, ed era grande amico di Muhammad Ali tanto da dare lo stesso nome al suo bambino, sperando un giorno di vederlo sul ring. ‘Oggi sono fiero e orgoglioso di essere italiano’ dice il 34enne ‘Ndiaye, ‘nella mia famiglia scorre sangue italiano, mia moglie e i miei figli sono italiani; anche se io sono nato in Senegal e sono contento di questo e dei miei genitori. Sarei un bugiardo a negare quanto sia contento di essere italiano, ma cio’ si deve solo al mio matrimonio’.
La proposta della ministra – commenta il pugile da Pontedera, dove vive dal 2005 con la famiglia e si allena – e’ giustissima, la condivido in pieno e le auguro di poterla applicare. Ci sono giovani che potrebbero diventare campioni, ma non possono farlo; bisogna dare una possibilita’ a tutti. Secondo me comunque ci vorrebbe un solo limite per dare la cittadinanza italiana: il rispetto delle leggi e delle persone’.
‘Il mio non e’ un caso unico – aggiunge Ali – a Pontedera ci sono giovani pugili promettenti, alcuni vengono dall’Albania, ma non hanno la cittadinanza; altri vorrebbero arruolarsi nelle forze armate, ma non possono. Si sentono italiani, vivono in Italia, parlano italiano, ma non hanno la cittadinanza. Fa bene la ministra Idem a occuparsi di questa cosa’.
‘Ndiaye, oggi che ha coronato i sogni della sua vita, cioe’ una bella famiglia, la cittadinanza italiana e un’importante carriera sul ring (peraltro ancora in divenire), guarda al futuro e ha altre aspirazioni: ‘quando smetto con la boxe vorrei diventare vigile del fuoco. E’ un bel lavoro, si aiutano gli altri. Dal 2005 faccio il volontario nella mia citta’, Pontedera. Spero di farne il mio lavoro del futuro’. Un altro sogno e’ incontrare ancora il vero Ali: lui mi vide quando nacqui e poi quando avevo 9 anni, ho pochi ricordi. Mi piacerebbe rivederlo oggi’. Ma questa e’ un’altra storia.
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