Tanto rumore per nulla: la scelta del disegno di legge sulla riforma del lavoro e’ una clamorosa marcia indietro che rivela timori e debolezze da cui l’attuale esecutivo, proprio perche’ tecnico, aveva subito dichiarato di essere indenne. Invece, esattamente come gli altri, questo governo si sente libero e indipendente solo quando deve tassare, riducendo alla povertà la classe media, ma quando deve cambiare le regole di una società vecchia e parassitaria, ha paura delle prove di forza di chi vuole conservare diritti ormai decaduti nel mondo globalzzato e cede al ricatto, con un abile machiavellismo. Perche’ l’importante e’ salvare la faccia, e fingere di essere rigorosi, ma sempre con gli stessi, con chi non va in piazza ne’ alla tv, ma subisce stringendo i denti e la cinghia.
Quali siano i poteri forti che qualcuno ogni tanto si affretta ad evocare senza vera consapevolezza e’ presto detto: la piazza e le banche. Dinanzi a questi mantra qualunque governo cala le braghe.
E così, un colpo al cerchio, uno alla botte, il nostro premier, homo novus di specchiate virtù, dopo aver mandato in prima linea la povera Fornero, se la cava con una ritirata strategica e getta la palla nell’arena parlamentare, godendo in cuor suo del prevedibile spettacolo di nuovi e vecchi gladiatori alle prese con il bisogno del consenso delle prossime elezioni amministrative per continuare a esistere. Intanto lo spread rialza la testa, e chissà che il futuro non ci riservi altra manovre lacrime e sangue.
Si stava meglio quando si stava peggio, verrebbe da dire, almeno a quei lavoratori e pensionati che non avevano subìto la rapina sperimentata in questi mesi sulle loro buste-paga, e che non dovevano perdere il sonno pensando a come trovare i soldi per pagare la nuova tassa sulla casa, il balzello più iniquo e pesante.
Che cosa e’ cambiato in realtà? L’immagine, la forma esteriore, la rappresentazione "artistica" e scenografica delle belle statuine che siedono sui banchi del governo. Ma la sostanza e’ la stessa di sempre, e forse anche peggiore. Forse chi non aveva la competenza e l’esperienza dei tecnici (e magari neanche la saccenza!) aveva però un programma preciso da attuare senza sorprese, rispettando la volontà degli elettori. Forse chi era arrivato al governo o in parlamento perche’ "nominato", secondo canoni di "ubbidienza" più che di capacità, poteva espletare il suo incarico in modo più coerente e determinato, misurando e confrontando il proprio merito sulla volontà di omologazione alle decisioni della maggioranza eletta, senza individualismi sfrenati o spettacolarizzazione personale. Forse, anche se può sembrare politicamente scorretto ammetterlo, vale di più un programma elettorale doverosamente compiuto, di tanti tecnici che avanzano teorie tutte da verificare.
Comunque, il dado e’ tratto, il momento magico del 2008 e’ passato e non si ripeterà, avanzano istanze centriste spaventosamente farisaiche o casiniane che dir si voglia, e Monti è universalmente apprezzato. Il burattinaio di questo governo si chiama Napolitano, che ha voluto con determinazione togliere di mezzo l’immorale Berlusconi, e dare all’estero l’immagine di un Paese diverso, pulito fuori, bello dentro. Ci siamo genuflessi alle apparenze, la macchina del fango addestrata militarmente ha distrutto il vero homo novus, e ci ha riportato indietro di vent’anni. Complimenti ai cretini di ogni età che hanno creduto che una Ruby in più potesse valere il destino del Paese.
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