Nell’elencazione dei nuovi Ministri da parte del neo Presidente del Consiglio Monti, ci sono due aspetti formali che ho notato non proprio congrui con la ufficialità della procedura. La sottolineatura di tutti i titoli accademici dei neo-ministri: professori e dottori davanti ai nomi dei prescelti, non rappresenta la democraticità dell’evento che imporrebbe per tutti gli italiani sia nobili che dottorati, o illustri nobiluomini, di venire apostrofati solamente quali “signori”, in mancanza dell’unico titolo valido in quella sede e, cioè: Senatore o Deputato (ma questo fatto avviene comunemente). La seconda mancanza di tatto diplomatico, invece, è l’aver sottolineato che nella compagine governativa sono presenti parecchie donne occupanti “perfino” ministeri importanti. Questo vorrebbe dire che la nomina a signora Ministro (e non a ministra) è dipesa da valutazioni tendenti a far occupare alcune importanti posizioni ad una persona di un determinato sesso, anziché per attenta valutazione delle capacità della stessa. A questo punto potrebbe insorgere qualcuno e domandarsi: e perché non c’è nessun gay? Oppure qualcuno di diversa razza, o musulmano? Ricordo, pertanto, al nuovo leader del Governo che per la Costituzione tutti gli italiani sono uguali a prescindere da razza, religione, sesso e… titoli universitari. Il citare eventuali agevolazioni a favore di qualcuno (come le quote rosa), innesca inevitabilmente una diseguaglianza nei confronti di tutti gli altri, nonché evidenzia un atto di sottovalutazione delle stesse signore nominate, sminuendone il valore professionale. Questo primo atto è un’infelice forma di basso populismo demagogico non degno di quel livello istituzionale da cui è pervenuto.
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