Non cambia lo stato d’animo dell’italiano medio la maglia rosa di Piazza Affari, né la defervescenza dello spread, sceso sotto 400 dopo mesi di salita senza sosta. E le parole di Monti (a parte la gaffe sulla Banca Centrale che, involontariamente definisce “tedesca” e non “europea”) sul fatto che “il posto fisso non esiste più”, non migliorano il clima di chi non solo si preoccupa dei figli senza collocazione, ma vede sempre più incerto il suo di lavoro.
Monti, con la sua solita flemma, dice ai giovani che il posto fisso è “monotono” e non tiene conto del fatto che su quella monotonia si sono costruite quasi tutte le certezze di intere generazioni. Parla poi di “concorrenza” invece che di liberalizzazioni e giustifica l’aumento della benzina perché, a suo dire, ha consentito di “proteggere dall’inflazione le fasce più basse delle pensioni”. Celebra il ritorno del nostro Paese sulla ribalta europea grazie al quale “gli italiani stanno recuperando patriottismo”.
Ospite del Tg5 e di Matrix, parla dei temi caldi che il governo si trova ad affrontare, sottolineando con un certo ottimismo la capacità del Paese di fare fronte alle difficoltà. Ma, credo, la resilienza degli italiani attenda ora messaggi più chiari in tema non di riduzioni e sacrifici, ma di scelte capaci di dare respiro al futuro. Monti dice, come anche la Fornero, che la finalità principale della riforma è quella di ridurre il terribile apartheid che esiste tra chi per caso o per età è già dentro e chi fa fatica ad entrare, ma le sue dichiarazioni non sono, in tal senso, chiarificatrici. E se è vero che la Merkel e l’Europa ci guardano ora con occhi nuovi e “gli Usa sono molto interessati che l’Europa ritrovi fiducia nel mondo e ritrovi sviluppo e vedono un Paese come il nostro che sta uscendo dalla zona problematica, hanno simpatie per questo sforzo e vogliono appoggiarlo anche in sede europea”, ora Monti deve tener conto che occhi e speranze nuove se l’aspettano anche quegli italiani che gli hanno dato fiducia e si sono sobbarcati sacrifici enormi per puntellare il Paese e dare una speranza ai propri figli.
Servono, e subito, risposte su disoccupazione e lavoro, sull’inserimento dei giovani di valore nelle attività produttive e sul recupero del gap strutturale di un’Italia che non è più in corsa da oltre dieci anni. Il ministro per la Coesione Territoriale Fabrizio Barca, ha detto che il governo darà risposte precise sulla ricostruzione de L’Aquila per marzo e l’aquilano Giovanni Lolli dichiara alla stampa di essere fiducioso e che presto vedrà la luce una legge sulla ricostruzione. Spero sia vero e non si tratta della vecchia maniera di gestire le questioni nominando comitati (ampi o ristretti), che servono solo a dilatare i tempi e ritardare le risoluzioni.
Certo la litigiosità fra Chiodi e Cialente e le mille divisioni interne fra partiti, più impegnati a giustificare la propria assertività che a trovare soluzioni, non ha giovato. E certo il nuovo governo è in sella da pochi mesi ed ha avuto molte spinose questioni da affrontare. Ma se vuole, ora, dare un segno di discontinuità, Monti deve rendersi conto di dover dare risposte certe ed in tempi brevi, anche su questioni di portata locale, altrimenti agli italiani nulla sembrerà davvero cambiato. Ciò che ci aspettiamo, ad horas, è una politica che non sappia di politichese, con messaggi magari di tono diverso, ma che, come nel passato, lascino il sospetto di una pura tecnica pubblicitaria.
Ciò che chiediamo al governo Monti è in definitiva “una vera politica”, secondo i contenuti di scelte eque e coraggiose, così come sostenuto da Kant e Walter Benjamin e non solo scelte tecniche capaci di riparare i guasti, ma di non portare il Paese ad essere diverso e a ripartire. Nel XVIII secolo, Rousseau, attraverso l’idea di contratto sociale, affermava la necessità di una struttura politica democratica, volta a tutelare al meglio i diritti dei cittadini, realizzando la volontà generale. Subito dopo, Immanuel Kant, scova nell’uomo una insocievole socievolezza, che porta ciascuno ad avvantaggiarsi a dispetto di altri. Per superare questo, dice il filosofo, occorre uno Stato, ma avverte che esiziale sarebbe una stato paternalistico, dato che giudicherebbe secondo la bontà di chi detiene il potere.
Monti ci deve dimostrare, dopo la visione “contrattualistica” del passato, che si sta davvero superando, come diceva Robert Nozick, ogni struttura potere egemone e, all’interno di un quadro concettuale libertario, ci si stia davvero avviando verso un ordine policentrico e concorrenziale di agenzie protettive, senza garantire sempre e al solito, i soliti noti. Senza questo il suo governo cadrebbe, inevitabilmente, nel pericoloso tecnicismo di “società chiuse”, come descritte da Henri Bergson, senza produrre invece quella spinta all’apertura che, secondo Popper, si regge davvero su istituzioni democratiche autocorreggibili, fondandosi stabilmente sulla libertà, sul dialogo e sulla tolleranza.
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