Da Mario Monti la ‘strana maggioranza’ si aspetta qualche risultato concreto di respiro internazionale. Nel giro di pochi giorni, tra Ecofin e G8, il premier avra’ modo di confrontarsi con i grandi della Terra. Faccia valere il suo prestigio di tecnico prestato alla politica e la sua capacita’ di essere ascoltato, dice per esempio Roberto Formigoni interpretando lo stato d’animo del Pdl. Ma anche Pier Luigi Bersani, alla luce del messaggio inviato dall’opinione pubblica tedesca ad Angela Merkel, pensa che il Professore debba tentare di far invertire la rotta alla Germania.
In Europa c’e’ un vento di tempesta che difficilmente la Cancelliera germanica potra’ ignorare. Francois Hollande si appresta a sottoporle una serie di richieste scomode che in sostanza si riassumono in una riforma del fiscal compact. E’ possibile la nascita di un asse tra Parigi e Roma? Puo’ essere, ma la felpata cautela montiana suggerisce di attendere i fatti.
Intanto la Grecia e’ sull’orlo del crac e Fabrizio Cicchitto si dice stupefatto per l’assenza di qualsiasi autocritica dei ministri delle Finanze di Germania ed Austria nella gestione della crisi ellenica. Come se non bastasse, si e’ aggiunto l’ennesimo caso americano, il buco di altri due miliardi di dollari della JP Morgan che ha indotto Barack Obama a tuonare per una riforma immediata di Wall Street.
Con lo spread prossimo ai livelli del governo Berlusconi, il Pdl chiede di prendere atto che sull’economia italiana non ha pesato tanto l’effetto-Cavaliere quanto una congiuntura internazionale nella quale finora l’Italia non e’ riuscita ad essere protagonista. Lo potra’ diventare se Monti si dimostrera’ in grado di scardinare il muro tedesco contro gli eurobond? Lo si vedra’ ben presto, ma l’impressione e’ che prima occorra prendere atto della crisi di sistema: quando il presidente della Consob Giuseppe Vegas denuncia la ‘dittatura dello spread’, in sostanza mette sotto osservazione un sistema malato nel quale ai numeri oggettivi dell’economia si aggiunge una valutazione soggettiva (quella delle agenzie di rating) che i cittadini non intendono piu’ accettare. Cio’ crea un cortocircuito dal quale nessuno sa bene come uscire, anche con conseguenze ‘dracmatiche’ sarebbe il caso di dire con una metafora a proposito della Grecia.
Dall’esito della missione di Monti dipende il futuro rapporto con la sua base parlamentare. In questo momento, tutto si tiene. Difficile immaginare che l’appello di Giorgio Napolitano perche’ si votino la riforma elettorale e un pacchetto limitato di cambiamenti istituzionali (come il taglio dei parlamentari) possa tradursi in realta’ in uno scenario di guerra economica internazionale.
Il capo dello Stato e’ convinto che alla fine ‘ne verremo fuori’ e il suo asse con il premier appare sempre saldo, ma la verita’ e’ che – a meno di un anno dalle elezioni politiche – un commissariamento dei partiti e’ impensabile. Qualche timido passo della Grande Coalizione (come la riforma del finanziamento politico) e’ stato compiuto. Riformare il sistema di voto e’ tutt’altra cosa. Si tratta di decidere se difendere o meno il bipolarismo. In altre parole se le larghe intese siano tramontate o no. E quale sistema adottare per tutelarlo.
Su questo fronte Pierferdinando Casini, profeta dell’accordo di solidarieta’ nazionale da proiettare anche sulla prossima legislatura, non ha assunto una posizione chiara. Le urne non hanno premiato il suo progetto e c’e’ da registrare l’apertura di Fli al doppio turno a condizione che sia affiancato dal semipresidenzialismo alla francese: un modo dei finiani per non restare tagliati fuori dopo che l’Udc li ha di fatto scaricati.
In realta’ un neobipolarismo all’italiana presupporrebbe un patto del centrodestra di cui non si vedono le basi: ci sta provando Pisanu con la proposta di un triumvirato Alfano-Casini-Fini che sa pero’ di prima repubblica. Sullo sfondo l’ombra della Lega che si affida alla segreteria di Roberto Maroni e chiede al Pdl di far cadere il governo per resuscitare l’asse del Nord.
Quanto al centrosinistra, Bersani non sembra convinto che l’ accordo con Casini sia tramontato. Ai ballottaggi si va con il patto di Vasto, ma per il futuro lo slogan e’ quello dell’ alleanza progressisti-moderati. Sempre che basti, visto il consenso crescente del movimento di Beppe Grillo che potrebbe scompaginare tutte le carte.
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