Il governo Monti incassa tre fiducie sulla legge di stabilita’ (la vecchia Finanziaria) e tenta di agganciare la Cgil al tavolo sulla produttivita’. Ma deve fare i conti con l’esplosivo malcontento dei sindaci italiani, pronti a dare in massa le dimissioni se non cambiera’ il patto di stabilita’ che lega loro le mani; una protesta grave che si inserisce di fatto nei dubbi che cominciano a serpeggiare nella comunita’ internazionale sulla razionalita’ del Trattato di Maastricht che con i suoi lacci si sta rivelando insostenibile.
Sullo sfondo di questa bomba ad orologeria politica, la spaccatura del Pdl, la mini-scissione dei filo-montiani guidati da Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio, e i molti voti che sono mancati al Professore negli ultimi tre voti di fiducia.
Giorgio Napolitano, in visita di Stato in Francia, ha tentato di puntellare questi smottamenti con una forte sottolineatura dell’asse con la Francia di Fran‡ois Hollande: un’intesa forte contro l’egemonia tedesca e le sue pericolose rigidita’ (vedi lo stop ai finanziamenti alla Grecia nonostante Atene abbia adempiuto a tutte le richieste della Ue) con l’obiettivo prioritario della lotta alla disoccupazione e ripresa dello sviluppo. Ma e’ chiaro che nonostante cio’ la posizione del Professore si e’ fatta piu’ scomoda: nelle cancellerie occidentali si comincia a temere che le elezioni decretino la fine della sua esperienza e l’arrivo a palazzo Chigi di una sinistra condizionata dal massimalismo. Cio’ spiega le pressioni incrociate perche’ viceversa se ne blindi almeno la cosiddetta ‘agenda’, imponendola a chi verra’ dopo di lui.
E’ una partita molto delicata, ai limiti dell’intromissione negli affari interni di un Paese sovrano; soprattutto adesso che si stanno facendo strada ipotesi di revisione dei trattati comunitari, ispirati ad una fallimentare austerita’ economica.
Questa partita e’ direttamente intrecciata con le battaglie in corso nel Pd e nel Pdl. Come dice Bruno Tabacci, le primarie del centrosinistra servono proprio a definire il perimetro della coalizione che si candida a governare. L’esponente dell’Api intende rappresentare quel centro senza il quale e’ impossibile la vittoria e invita Pierferdinando Casini a schierarsi prima del voto senza inseguire la chimera del terzo polo. Obiettivo: cancellare dall’orizzonte la possibilita’ delle larghe intese con il Pdl e varare un governo a trazione democratica. Matteo Renzi, che spera di giocarsela sul filo di lana con Bersani a dispetto dei sondaggi, punta invece a rispolverare la vocazione maggioritaria di Veltroni e a un profondo rinnovamento generazionale. Si dovra’ capire come la sua area potra’ convivere con i vendoliani che invece chiedono un radicale cambiamento della politica economica.
Casini, chiamato in causa un po’ da tutti, aspetta di vedere come si muovera’ il tandem Montezemolo-Riccardi: il ministro spiega che e’ riduttivo pensare ad un Monti-bis, il nuovo movimento vuole piuttosto sviluppare il programma Monti e dargli una solida base elettorale. Il sottinteso e’ che per ottenere questo risultato occorrera’ fare del centro il fulcro della futura maggioranza.
Nel Pdl i filo-montiani hanno capito che l’obiettivo dei neocentristi e’ quello di offrire al Professore una forza parlamentare significativa senza chiedergli di scendere in campo: una mossa che anche Bersani sconsiglia fermamente al premier perche’, spiega, il futuro governo dovra’ essere guidato da un politico (cioe’ da lui). Percio’ c’e’ chi vorrebbe convincere Monti del contrario: offrirgli il ruolo di federatore dell’area moderata (compreso il Pdl) con la sua candidatura alle elezioni per raccogliere un pacchetto di voti valutato tra il 25 e il 30 per cento, ponendosi cosi’ come il principale concorrente di Bersani per la premiership. Calcolo spericolato, non si sa quanto condiviso da Silvio Berlusconi.
Il Pdl, infatti, e’ in preda ad un mezzo caos. Le primarie rischiano di risolversi in una sceneggiata, ma nonostante cio’ Alfano – dopo un colloquio molto teso con il Cavaliere – e’ riuscito ad imporsi: si faranno comunque. E i candidati alla fine si dimezzeranno, pronostica Alemanno. Giulio Tremonti non vi partecipera’, ritenendole fallite in partenza; Giampaolo Samori’, l’uomo degli ossimori (‘moderati in rivoluzione’), sogna invece di vincerle ma Altero Matteoli lo giudica del tutto inadeguato alla bisogna. Prove di dinamismo al limite delle psicodramma. Al Cavaliere non e’ stato nemmeno risparmiato dai dieci scissionisti il paragone con Schettino: l’ex fedelissima Bertolini lo accusa di aver abbandonato la nave come il capitano della Costa Concordia. Ma non sembra proprio cosi’, se tutti continuano a temerne i colpi di coda…
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