La bilaterale di Berlino rappresenta un successo diplomatico per Mario Monti: non solo per le nuove (sperticate) lodi di Angela Merkel sulle misure sin qui adottate, ma soprattutto per l’impegno tedesco a potenziare il fondo europeo salva-stati e a fare di piu’ sul fronte della crescita. Ma complimenti e promesse non bastano a placare la febbre sui mercati, come dimostra la reazione (freddina) delle borse e il livello dello spread che rimane pericolosamente sui 500 punti rispetto al bund teutonico.
La trasferta di Berlino segna inoltre una dura presa di posizione di Monti nei confronti del direttorio ‘Merkozy’. Di buon mattino, la cancelliera tedesca e il presidente francese si sono ritrovati sulle pagine di Die Welt una vera e propria ramanzina del professore italiano. Il presidente del Consiglio, pur con il consueto garbo, e’ andato giu’ pesante: prima ha ironizzato sul fatto che si dovrebbe parlare di tandem ‘tedesco-francese’, per sottolineare che il manubrio e’ saldamente nelle mani di Berlino, non di Parigi. Poi ha criticato la politica del direttorio citando il vertice di Deauville come esempio di ‘azione individualista e non coerente’. Parole che, tradotte dal felpato linguaggio diplomatico, suonano come vere e proprie cannonate.
Ma anziche’ irritare, le critiche sembrano funzionare. Tanto che al termine della bilaterale la cancelliera apre sia sul potenziamento del fondo salva-stati sia sulla necessita’ che, insieme al rigore, siano rilanciate crescita e competitivita’.
Esattamente cio’ che Monti era venuto a chiedere. Pur sapendo che i due punti, da soli, rischiano di non riuscire a curare la ‘malattia’ italiana di titoli pubblici con tassi drammaticamente alti. Quello che Monti non puo’ (ancora) dire apertamente e’ che contro la speculazione serve ben altro. Certo non basta il ‘Fiscal Compact’, il nuovo trattato Ue per arrivare ad una maggiore disciplina di bilancio attraverso una piu’ stretta sorveglianza sui conti pubblici nazionali. L’accordo e’ utile soprattutto alla Merkel per dimostrare che il rigore e’ (ancora) la stella polare dell’Ue e rassicurare cosi’ il ‘tedesco-medio’ (e la Bundesbank) che il lassismo di Paesi come l’Italia non sara’ piu’ tollerato. Ma ai mercati (come ha recentemente ammesso lo stesso Monti) interessa poco.
E allora? Per l’Italia una prima, indispensabile, risposta e’ appunto il potenziamento del nuovo fondo salva-stati (Esm), che a luglio sostituira’ il precario Efsf. Non solo in termini di risorse, ma anche di operativita’: trasformandosi cioe’ sempre piu’ in qualcosa di simile ad una ‘banca’. Ma ammesso e non concesso che le promesse della Merkel si trasformino presto in realta’, non e’ detto che sia sufficiente a placare i mercati.
Perche’ per quanto rafforzato il ‘Meccanismo’ avra’ pur sempre munizioni limitate alla generosita’ dei Paesi membri. Ecco perche’ Monti, nell’intervista alla Die Welt, ammette che il tema ‘cruciale’ delle prossime settimane sara’ quello degli eurobond. Argomento accuratamente evitato durante la bilaterale perche’, come spiega un diplomatico, ‘e’ inutile forzare ora la mano: meglio concedere prima alla Germania il Fiscal Compact’.
Ma anche questa strada presenta ostacoli non da poco: l’emissione di titoli europei richiede un complesso negoziato per stabilire come debbano essere distribuiti rischi e oneri.
Compito non facile.
Sullo sfondo, inoltre, resta il tema cruciale del ruolo della Bce. Corrado Passera ha gia’ detto che all’Europa servirebbe una ‘vera’ banca centrale. Personaggi del calibro di Romano Prodi e Jacques Delors sono stati ancora piu’ espliciti: fino a quando Francoforte non diventera’ prestatore di ultima istanza la crisi non finira’. Difficile che Monti non condivida questa analisi. E infatti in privato la sottoscrive. Ma anche in questo caso sarebbe prematuro affrontare un argomento che a Berlino resta tabu’. Anche se, concordano in tanti nel governo, prima o poi se ne dovra’ parlare.
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