Piu’ che al futuro del governo Monti, la schermaglia in corso nella ‘strana maggioranza’ guarda al proprio, di futuro. Nessuno dei partiti che la compongono, infatti, pensa – alla luce dei sondaggi – di poter avere un ruolo preminente all’interno di uno schema emergenziale. Cosi’ Casini e Fini hanno trovato il modo di rilanciare il terzo polo, appena tramontato, sotto le vesti di una lista civica per l’Italia che sostenga un Monti-bis e la sua agenda. L’obiettivo e’ quello di aggregare la vasta area moderata e cattolica delusa dal Pdl alla quale guardano anche Montezemolo e Marcegaglia. La lista dovrebbe in prospettiva funzionare da cerniera tra destra e sinistra e offrire al futuro governo quella caratura ‘politica’ che adesso gli manca.
Il calcolo del Pd e’ diverso. Attraverso l’alleanza con Vendola, Bersani punta innanzitutto a rafforzare al tavolo delle future trattative il peso del centrosinistra, nella speranza di poter raggiungere la maggioranza insieme al terzo polo. Se invece le larghe intese si dovessero rivelare necessarie, il Pd rappresenterebbe comunque la maggioranza relativa. Per questo motivo la ‘candidatura’ di Monti in questo momento appare a Bersani inopportuna: la partita e’ ancora tutta da giocare e potrebbe concludersi senza un governo tecnico, con Monti sempre nella posizione della ‘risorsa’ a cui fare appello (come osserva il ministro Riccardi). Il Pdl non ha una posizione molto diversa da quella del Pd, ma e’ consapevole di non avere da giocare la carta delle alleanze: con ogni probabilita’ dovra’ correre da solo augurandosi di non finire al traino dei centristi. La situazione economica ed internazionale e’ tale da rendere praticamente obbligato pensare a Monti quale uomo di garanzia.
Tuttavia Pdl e Pd avvertono il rischio implicito nella ricandidatura di Monti: la delegittimazione politica. Mancano ancora molti mesi alle elezioni e, come osserva Emma Bonino, e’ perlomeno surreale assistere a uomini politici che si candidano per porre a capo del governo uno che non si candida: le elezioni varrebbero svuotate di significato e i supporter del Professore confesserebbero implicitamente la loro inadeguatezza pur chiedendo il voto per se stessi ai cittadini. In altri termini, nel profilo del governo tecnico c’e’ un aspetto pericoloso: il ruolo emergenziale che, per definizione, dovrebbe avere una durata limitata. Nel caso essa dovesse essere dilatata, sarebbe necessario chiedere il parere ai cittadini per non scivolare in un vero regime tecnocratico. Ecco perche’ un po’ tutti, a destra e a sinistra ma anche all’opposizione, chiedono al premier di candidarsi ufficialmente alla testa di una lista, quale che essa sia.
Finora il Professore si e’ schermito, augurandosi che la politica sappia esprimere personalita’ in grado di proseguire la sua opera. Tuttavia Monti sa bene di rappresentare una garanzia insostituibile a livello internazionale e cio’ fa pensare che una sua ‘discesa in campo’ politica non sia del tutto da escludere, proprio perche’ a chiederglielo e’ un’area politica e sociale vasta e potenzialmente maggioritaria: il moderatismo italiano, i cattolici, gli industriali, una parte del mondo sindacale (la Cisl) e infine la stessa Chiesa che, per bocca del cardinal Bagnasco presidente della Cei, ha fatto sapere che la situazione e’ talmente grave che tutti devono fare la propria parte ‘in sinergia’ con gli altri. Uno scenario che, naturalmente, non tiene conto delle possibili sorprese. Una forte affermazione del voto di protesta (incarnato da Grillo e Di Pietro) o un’astensione record potrebbero mettere in discussione ogni calcolo. E questo spiega i tatticismi della ‘strana maggioranza’ e la cautela montiana.
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