Correttamente, Mario Monti invita a pesare le parole: piu’ che un vertice, quello di Roma con Fran‡ois Hollande e’ stato un incontro di pressione sull’Unione europea e sulla lentezza delle sue decisioni, come ha spiegato il presidente francese lasciando la capitale. Il cahier de doleance di Francia ed Italia nei confronti di Bruxelles e’ corposo: ai vertici europei si contesta la mancata applicazione degli accordi sullo scudo antispread (ormai sono passati due mesi e mezzo) e si chiede di risolvere in breve termine i problemi di Grecia e Spagna e di realizzare l’unione bancaria.
Sono le tre tappe cruciali che secondo Hollande potrebbero salvare l’euro. Ma qui si intuisce la prima contraddizione: il capo dell’Eliseo chiede di spazzar via i dubbi sulla tenuta della moneta unica e allo stesso tempo ne prefigura il ‘salvataggio’. Come Mario Draghi, del resto, il quale per difendere il suo piano di acquisti di bond degli Stati in difficolta’ (tra i quali il nostro) ha dovuto sottolineare come ‘cio’ abbia molto a che fare con il proseguimento dell’ esistenza dell’euro’. In altri termini, in Europa sono evidenti le preoccupazioni comuni sul futuro dell’integrazione comunitaria: e’ il clima che ha indotto Moody’s a decretare l’ outlook negativo per l’intera Unione. Il che significa in sostanza che a questo punto il problema non riguarda piu’ solo Grecia, Spagna o Italia ma anche Francia e Germania le cui economie stanno vistosamente rallentando. Sommato alla previsione di una crisi che si estendera’ perlomeno a tutto il 2013, il giudizio non puo’ che essere molto allarmante.
In questo scenario, Monti ha deciso di passare al contrattacco. L’Italia non ha intenzione di firmare nuovi memorandum per l’attivazione dello scudo antispread (come invece vorrebbe l’Eurotower) e il premier chiede che man mano che i progressi di un Paese vengono realizzati, ci sia anche un riconoscimento da parte della Ue. Un aiuto autonomo nel calmierare lo spread, pare di capire. Ma resta da dimostrare che cio’ sia davvero possibile. Il fatto e’ che con il passare dei giorni a finire sotto la lente di ingrandimento e’ tutto il meccanismo di funzionamento della moneta unica. Come dice Bankitalia, sullo spread italiano pesa il contagio Ue perche’ il differenziale giusto tra Germania e Italia dovrebbe essere di 200 punti. Invece e’ piu’ del doppio e a farlo scendere non sono servite le riforme del governo tecnico ne’ gli annunci della Bce. In pratica e’ come se l’euro a due velocita’ gia’ esistesse, con Paesi come Germania e Finlandia che si finanziano a tassi negativi (cioe’ non pagano interessi sulle nuove emissioni di debito pubblico) e gli altri che li sorreggono a causa della fuga dai loro titoli di Stato.
Per uscire da questo corto circuito, ha sottolineato piu’ volte il Governatore della Bce, servirebbe un vero cammino di integrazione politica. Ma per ora non se ne vede la possibilita’. Serviranno anni e un cambio di mentalita’ perche’ per ora le forze politiche di tutti i Paesi sono troppo condizionate dalle elezioni a raffica che si susseguono a livello locale. Nasce su questo sfondo la proposta (avanzata da Francesco Giavazzi) di un memorandum di garanzia che le forze della ‘strana maggioranza’ dovrebbero firmare prima delle elezioni per assicurare che l’agenda Monti non vada dispersa nel 2013 a causa delle divisioni interne. Proposta per ora caduta nel silenzio quasi generale ma che mette il dito nella piaga: se davvero il 2013 non sara’ meglio del 2012 e la crescita continuera’ a latitare, le forze politiche non potranno permettersi di ignorare quanto fatto fin qui con l’Ue e che potrebbe essere blindato da un ulteriore accordo con la Bce per ottenere lo scudo antispread. L’afasia politica su questo tema colpisce quanto la battaglia in corso sulla legge elettorale: battaglia che ha al suo centro il puro interesse di partito e non quello degli elettori. La conseguente paralisi non meraviglia piu’ di tanto.
Discussione su questo articolo