L’Europa dello spread ci chiede sacrifici, tagli, riduzione del deficit e del debito pubblico, aumento del Pil. Quali saranno le misure che il nuovo Governo Monti vorrebbe apprestarsi a varare per rispondere all’impellenza dei mercati? Le voci che circolano non sono rassicuranti e sembrano esserci in agenda punti imprescindibili con cui dovremo fare i conti.
L’ICI: La tassa sulla prima casa che Silvio Berlusconi promise di abolire e abolì nei primi 100 giorni di governo (2008) vedrebbe nuovamente la luce. Una vera batosta per la stragrande maggioranza degli italiani, visto che in media si aggira vicino all’80% il tasso dei possessori della prima casa in Italia. Per non parlare del fatto che dovrebbe essere superiore rispetto all’ultimo prelievo in quanto, nel caso, ci si vedrebbe aggiornare gli estimi catastali del 25-30%.
Tassa Patrimoniale: Su questo punto il Popolo della Libertà ha chiesto delle garanzie, ad onor del vero abbastanza blande. Si parla di cambiarle nome e di una misura piccola e permanente. Ma qui le ipotesi sono varie. Dal 5 per mille sui ceti sociali più abbienti all’una tantum del 2% dal 2012 al 2014. Accanto a queste misure, si ipotizza un prelievo dell’1 per mille complementare al reddito, per patrimoni eccedenti il milione di euro (colpendo sia le persone fisiche che giuridiche). In questo modo, si tasserebbero tutte le proprietà: dagli yacht superiori ai 10 metri ai conti correnti. Depositi bancari e postali, fondi di investimento, azioni ed obbligazioni ad esclusione della prima casa e dei titoli di Stato.
IRPEF: Qui si pensa di ritoccare l’aliquota più alta che già oggi veleggia al 43%. In più, si parla di una sovratassa per i redditi che superano i 150-180 mila euro annui, nell’ordine del 3-5%, a seconda delle proposte.
Quiescenza: La cara vecchia pensione, neanche lei la farebbe franca nel mirino della UE. Nonostante l’Italia sia uno degli Stati con la più solida struttura previdenziale, i ritocchi che si sono susseguiti in questi anni hanno introdotto sempre più vincoli e paletti per potere accedere all’assegno. Dal classico aumento della età minima, alle quote (95, 96 e dal 2013 al 97) al doppio scalino (un anno maturi il diritto, l’anno dopo accedi alla pensione) fino all’agganciamento della età pensionabile all’indice ISTAT sull’allungamento della vita media della popolazione. Parificazione uomo-donna e, dulcis in fundo, abolizione dell’assegno di anzianità e sola vecchiaia per tutti, dal 2026 a 67 anni.
E’ evidente che si tenderà ad azzerare il welfare e per cause di forza maggiore, in un Paese dove l’economia sommersa si attesta sui 120 miliardi di euro all’anno e c’è appena l’1% dei portatori di reddito che dichiarano somme al di sopra dei 100mila euro, tutte queste misure finiranno per colpire i soliti noti, i contribuenti onesti, le classi sociali più deboli, dipendenti e pensionati che non possono evadere né eludere il fisco, e che si troveranno manovra dopo manovra con le tasche sempre più vuote.
In mezzo a tutto questo c’è un Presidente del Consiglio dimissionario, insultato e fischiato come se fosse finito un regime, come se la causa di ogni male fosse derivata da lui. Ma soprattutto ci sono misure che se avesse varato Berlusconi sarebbero state definite eversive, più semplicemente “un furto opera di un Governo irrazionale, monarchico ed irresponsabile che lavora e complotta alle spalle dei cittadini”, come anche è stato dichiarato. Se a vararle è il primo (Tre)Monti che arriva, “sono figlie di un alto senso istituzionale, frutto di una compagine di tecnici preparati e responsabili che in una situazione di emergenza si prendono l’onere di varare misure impopolari per evitare il default del Paese e ridurre la forbice tra Bond Tedeschi e Italiani”. Sì, la storia non è mai cambiata. Quando si parla di elezioni, e ancora peggio di provare a vincerle, alla sinistra italiana viene l’orticaria. Meglio Goldman Sachs che l’italiano medio all’urna.
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