Undici milioni di telespettatori, undici milioni di italiani incollati alla tv. Come il festival di Sanremo e le partite di cartello della nazionale di calcio. Pazzesco lo share, ha sfiorato il quaranta per cento: 39,1. Una faccenda delicata ha fatto boom, a conferma di una poderosa incontenibile escalation, cominciata con Gli arancini di Montalbano, meno di dieci milioni e il trentaquattro virgola uno di share, a novembre del 2002. Un fenomeno il Commissario Montalbano, calamita inconfondibile e inesauribile di un pubblico fedele.
Un popolo di fedelissimi ammiratori. Fatti i conti, il commissario creato dal genio di Andrea Camilleri ha superato se stesso. Sbriciolati i suoi record, l’ennesimo trionfo sulla prima rete della televisione di Stato. Gongola la Rai, entusiasta del nuovo record di inizio serie, diretta come le precedenti da Alberto Sironi. Montalbano sempre più su, più in alto del precedente primato, datato 2013: 10 milioni e 816mila 559 spettatori e il 39,1 di share con Una lama di luce. Piace a tutti, anche alle donne, soprattutto alle donne.
Luca Zingaretti nella parte del Commissario Montalbano ha conquistato il Paese. Come se l’eroe moderno, un poliziotto tutto sommato, andasse a sovrapporsi a mitiche figure televisivi e della letteratura gialla e noir. Come per dirne uno, Don Matteo si sovrappone a Padre Brown, a Peppone e Don Camillo. Luca Zingaretti sui testi di Camilleri fa tranquillamente paio con il commissario Maigret di Gino Cervi e il mitico tenente Sheridan interpretato da Ubaldo Lay. Gli italiani lo amano. Ma come spiegarlo quest’amore corroborato da numeri inequivocabili, testimonianze di affetto e simpatia infinite? Gli undici milioni di telespettatori si rivedono probabilmente nel commissario inventato da Camilleri. “Montalbano sono”, evidentemente, racchiude i pregi e i difetti di chi si siede sul divano di casa e ne ammira i gesti, le parole, la postura, i movimenti, le indagini, le conclusioni. In definitiva, i pregi e i difetti di Montalbano potrebbero essere quelli di ognuno di noi. Un uomo di legge fuori dagli schemi classici, leale con i suoi sottoposti, innamorato del lavoro che fa.
Salvo Montalbano dà l’idea di grande solidità. L’uomo medio che incanta il telespettatore e piace a tutti. Non sgomita sul lavoro, non è un maniaco delle novità della moda, non cambia il cellulare ogni mese. È fidanzato con Livia, interpretata da Sonia Bergamasco, genovese di Boccadasse. Un amore a distanza, mentre lui corteggia donne, evitando però di arrivare al dunque. L’unico punto fermo della sua esistenza è Adelina, la governante cuoca, particolarmente apprezzata ai fornelli dal commissario, insuperabile nella preparazione della pasta ‘nscasciata. E come collante di tutto, il mare di Vigata, paese dal nome inventato da Camilleri.
Apparso stanco negli ultimi libri editi da Mondadori, il commissario Salvo Montalbano è più energico e vitale che mai anche in questa serie appena cominciata. Devo confessare che sono anch’io una sua preda e fan, vengo da lui e dalle sue storie catturato regolarmente e, di conseguenza, inchiodato al televisore. Mi è capitato pure lunedì: avevo dimenticato che la nuova serie sarebbe cominciata, me l’ha ricordato Bruno Vespa nel salutare dopo aver illustrato l’anteprima di Porta a Porta. “Vi lascio, ci ritroveremo dopo Montalbano”. Solo il cognome, la parola magica.
Potenza del telecomando, mi sono sintetizzato e ho apprezzato. Il Commissario Montalbano è la quintessenza della semplicità. Quella normalità che dovrebbe essere patrimonio di tutti noi. Alle indagini del commissario Salvo Montalbano sono interessate tutte le fasce di reddito. Sfatata nel tempo la leggenda che la serie di rivolgesse soprattutto, quasi in esclusiva, a telespettatori appartenenti ad un ingenuo proletariato. I numeri dicono questo: il quarantasei virgola sette dei professionisti vede Montalbano, il quarantuno è identificabile nella categoria degli impiegati, circa il trentacinque tra gli operai. Il punto più basso, a ben vedere, è rappresentato dai redditi bassi, il ventotto per cento secco.
Montalbano indaga, ma Camilleri non si limita a racconti che non sono solo gialli. L’autore racconta il mondo. Storie di mafia, scelte sbagliate pagate a caro prezzo, intrecci e intrighi sentimentali, segreti di famiglia, la vita come viene. La Sicilia dei misteri che si tramandano nel tempo. “La nascita del commissario Montalbano è del tutto casuale, feci una scommessa con me stesso”, confidò in occasione di una mia visita alla sua residenza estiva in Toscana. “Chiesi a me stesso: ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla a alla zeta come Dio comanda? Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi a ricercare una gabbia. Trovai soccorso nel pensiero di Sciascia, che soleva ripetere: il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore può mettersi, perché non ci sono regole”.
Usufruì di quelle non regole Elvira Sellerio, la creatrice di un mito. Una grande intuizione, la sua: i gialli sarebbero stati perfetti per la tv. Montalbano è diventato così un fenomeno europeo, non solo italiano. Il futuro della tv è questo, no di sicuro le esibizione urlate o twittate, le serie americane: roba da un milione e mezzo di telespettatori, quando va bene. I numeri di Montalbano sono altri, deprimenti e devastanti per la concorrenza. Montalbano piace così, è lui il futuro della televisione.
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