Stavolta non ci sara’ bisogno di mangiare un’altra banana, magari raccogliendola in campo. Il Brasile e’ allegria, colori, saudade, spiagge, samba e soprattutto ‘meticciato’, un sentimento e non solo una realta’ di fatto, una speranza di pelle e anima che sconfiggera’ per sempre il razzismo. Per Dani Alves, ormai un simbolo della lotta a questo fenomeno odioso, sara’ un Mondiale di calcio vero, inteso come festa, in cui non ci sara’ spazio per certe scelleratezze provenienti dagli spalti, che nella sua visione del mondo non appartengono al modo di pensare del paese che sta per ospitare l’evento piu’ atteso del pianeta.
Il Brasile e’ unico, fa capire l’esterno destro di Scolari, non solo per la sua capacita’ di trovare sempre una soluzione per tutto grazie al "jeitinho brasileiro", ma in particolare sul campo. E lo dimostrera’ arrivando sino alla finale, dove sara’ bello ritrovare e sfidare un grande amico. "Stiamo per vivere un’esperienza speciale – dice Dani Alves – quella di giocare un Mondiale in casa, una cosa che potremo raccontare ai nostri figli. Il sogno, e la speranza, e’ che vada tutto bene, e nei miei desideri, le cose a cui penso spesso, c’e’ quello di trovare in finale l’Argentina. Ho grande considerazione anche della Spagna campione in carica, ma la conclusione piu’ degna per questo Mondiale brasiliano sarebbe quella della grande ‘classica’ sudamericana, un ‘must’ del calcio in cui sfidare, e ovviamente battere, la nostra grande rivale. Conquistare la Coppa a spese degli argentini darebbe ancor piu’ sapore alla nostra impresa. Ora pero’ non vedo l’ora che questo torneo cominci: mi cominciano a venire i brividi per l’emozione".
Ma il suo compagno e amico Leo Messi, assieme al quale tante volte Dani Alves e’ andato in vacanza (come quando si sono improvvisati piloti di moto d’acqua a Ibiza) che ne dice? Lo ha sentito in questi giorni? "Leo e gli altri compagni del Barcellona li vedo tutti i giorni – risponde – ma ora non c’e’ bisogno e tempo di sentirci. Non l’ho fatto perche’ in questo mese ho altro a cui pensare e devo concentrarmi su un obiettivo preciso: per me adesso c’e’ solo la Selecao, poi con Leo ci sara’ tempo per rivederci e anche per fare le vacanze". Pero’ sia per l’Argentina con la Pulce che per il Brasile con Neymar, altro grande amico dell’esterno che smentisce di pensare al Paris St. Germain ("se Ibra vieni qui ci vado a cena, ma solo questo") c’e’ forse il problema di un’eccessiva dipendenza dai rispetti numeri 10.
"Io dico che bisogna essere comunque felici di avere in squadra talenti del genere – dice Dani Alves – perche’ se dipendenza c’e’, puo’ dare solo buoni frutti, ed e’ meglio avercela che no. E’ un asso in piu’ che abbiamo in mano, anche se nel caso di Neymar io dico che lui e’ l’uomo in grado di fare la differenza grazie anche al lavoro che svolgiamo noi compagni, e per come lo assistiamo". Ma per Dani c’e’ anche il fattore Maicon che incombe, visto che il romanista e’ stato uno dei piu’ convincenti nelle ultime esibizioni della Selecao.
"Io non la vedo cosi’ – ribatte lui – perche’ non mi sento un titolare: qui c’e’ un gruppo di 23 giocatori ognuno dei quali e’ pronto a fare la propria parte e dare il massimo. Io da quando sto nella Selecao il posto me lo sono sempre dovuto sudare, e ora so soltanto che stiamo per vivere un’esperienza unica. Andra’ benissimo se alla fine potro’ condividere anche con Maicon una gioia che tutto il nostro popolo sogna: mai come questa volta l’importante sara’ vincere". E a proposito della gente, dell’aria del Mondiale che in tutto il Brasile si comincia a respirare, di coloro che saranno piu’ ‘torcida’ che manifestanti, Dani Alves si augura un lieto fine anche in questo senso.
"La Selecao e’ del popolo, noi siamo loro e questo ci da’ forza – sottolinea – Per questo l’affetto della gente non ci da’ certo fastidio: e’ un vero regalo vedere certe manifestazioni d’amore per noi da parte dei tifosi. Per chi fa il mio mestiere ed e’ brasiliano e’ un dono meraviglioso essere qui adesso. Il mondo sta venendo in Brasile e riceviamolo come solo noi sappiamo fare. Lasciamo da parte le proteste e, per favore, viviamo un mese di festa". Il calcio sta tornando a casa, ora manca solo che diventi un immenso Carnevale fuori stagione.
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