“Matteo Renzi cosi’ sfascia il partito, ci spinge a votare No al referendum”. “Non e’ vero, la sua apertura a cambiare l’Italicum e’ reale e chiara, ma loro alzano ogni volta di piu’ l’asticella”. Una scia di veleni resta sul terreno della festa nazionale dell’Unita’, dopo il discorso di chiusura del segretario e premier. Minoranza e maggioranza Pd assicurano entrambe di essere al lavoro per evitare la frattura che porterebbe un pezzo di partito a votare No al referendum costituzionale. Ma a microfoni spenti, le tensioni degli ultimi mesi sfociano in sfoghi amari e nella sensazione che la rottura sia davvero a un passo.
A Catania arriva una rappresentanza della minoranza Dem: non ci sono Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo (aveva preso un impegno con la Fiom a Torino, dicono i suoi) ma Nico Stumpo e Roberto Speranza, candidato in pectore di Bersani alla segreteria del partito. Ma alla fine del discorso, in un giro vorticoso di telefonate i dirigenti della sinistra Pd si trovano tutti d’accordo nel giudizio: anziche’ dettagliare l’apertura emersa negli ultimi giorni sull’Italicum, Renzi sembra aver frenato. Non solo, osservano, non ha indicato un percorso per arrivare a modifiche condivise (“Ci ha chiesto di fare una proposta, ma noi una proposta l’abbiamo gia’ fatta”). Ma, osserva un deputato, ha anche usato toni “terrificanti”. Di qui la decisione di lanciare un segnale, con la dichiarazione di Speranza: “Ad ora voto No al referendum”.
Questa volta bersaniani e cuperliani avevano ben sperato: “Giorgio Napolitano ha reso merito la nostra proposta citando Speranza nell’intervista a Repubblica in cui chiedeva a Renzi di farsi promotore di un’iniziativa per cambiare l’Italicum. Ti aspetti che nella chiusura della festa dell’Unita’ si lavori ad abbassare i toni cercando un terreno comune e invece Renzi ci accusa di lanciare fango. E sulla legge elettorale non dice niente di concreto: ancora fumo. Anzi, sostanzialmente un passo indietro”, dice un bersaniano. In queste settimane, spiegano, hanno anche cercato di marcare una distanza dal No di Massimo D’Alema, non andando alla sua iniziativa contro il referendum. E invece questo “sforzo di unita’” non viene riconosciuto.
Nei prossimi giorni, fanno sapere, si riuniranno e decideranno il da farsi ma se Renzi non cambiera’ linea, il No preannunciato da Speranza sara’ ufficializzato anche da Bersani e altri parlamentari. Il momento delle decisioni potrebbe essere la votazione della mozione di Sinistra italiana contro l’Italicum. I renziani scrollano la testa: il discorso di Renzi a Catania e’ stato tutto un invito all’unita’ sul referendum e a non spaccarsi per risentimenti (come quello di D’Alema) e prese di posizione “precongressuali”. “E’ incomprensibile – dice un senatore – come possano attaccare un’apertura che sono stati loro a chiedere sulla legge elettorale”. Rispetto ai giorni scorsi, quando Renzi era arrivato a ipotizzare un “tavolo”, non ci sono passi indietro, assicurano. Ma bisogna anche tener conto della chiusura preventiva di Fi e M5s: il premier non si puo’ sbilanciare di piu’ perche’ il Pd da solo non puo’ cambiare l’Italicum. E se la minoranza alza i toni – e’ il sospetto adombrato – e’ forse perche’ avevano deciso da prima di rompere. Ma di tempo da qui al referendum, osservano dalla maggioranza Dem, ce n’e’ ancora. E un fattore puo’ rimescolare le carte, avvertono tutti: la sentenza della Consulta sulla legge elettorale. Se la Corte Costituzionale imporra’ di cambiare, si aprira’ una partita tutta nuova.
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