Sul premierato da parte delle opposizioni ci sono stati “inaccettabili muri ideologici. Se pensiamo che ancora oggi dicono ‘fermatevi’, ma fermiamoci perché? Ci sono stati 5 mesi e mezzo in Commissione, abbiamo sentito una cinquantina di costituzionalisti, si sono iscritti a parlare tutti quelli dell’opposizione in Aula al Senato…”. A dirlo è il ministro per le Riforme Elisabetta Casellati, ospite del Meeting del Made in Italy organizzato da Aepi a Palazzo Wedekind.
“La riforma è già in discussione da 5 mesi e mezzo. E’ stata in commissione al senato ed è approdata in Aula da parecchie settimane. Proprio oggi terminiamo la discussione generale e da domani si parte con gli emendamenti. Siamo nella fase attiva della discussione. Appena mi sono insediata ha operato un lungo ascolto delle forze politiche di opposizione, delle forze economiche e del sindacato, prima di presentare il disegno di legge e abbiamo cercato un punto di caduta. Purtroppo non è così per il momento, ma spero in ripensamenti”.
“Questa riforma poggia su due capisaldi. Il primo è la stabilità dei governi. Nella storia repubblicana abbiamo avuto in 76 anni 68 governi della durata media di 14 mesi. Questa instabilità ha provocato una mancanza di credibilità a livello internazionale. La stabilità ci dà credibilità e attrae investimenti dall’estero, sviluppo economico, fiducia dei mercati. Il premierato è la riforma della seconda parte della Costituzione e non ha un carattere filosofico ma riguarda i problemi reali del Paese”, spiega.
“Nessuna riforma utile all’Italia può essere portata a compimento se non c’è una stabilità di governo. Nulla si risolve se non garantiamo governi stabili. La seconda gamba della riforma – aggiunge Casellati – è l’elezione diretta del presidente del consiglio. Nel programma votato dagli elettori c’era l’elezione del presidente della Repubblica che però ha incontrato vari obiezioni e allora ho virato verso l’elezione diretta del presidente del Consiglio per rafforzare il ruolo del capo del governo. Ma mi sono ritrovata di fronte 2.600 emendamenti in commissione e pià di 3.000 in Aula e nessuna proposta alternativa, c’è un forte ostruzionismo.
Si tratta di uno schiaffo, non si tratta in questo modo la riforma dopo ricerca continua di dialogo e la ricerca di un punto di caduta.
L’elezione diretta del presidente del consiglio non svilisce il Parlamento che soffre di una marginalizzazione non dovuta alla riforma ma che si è verificata negli anni con il potere legislativo scavalcato da quello esecutivo. Con la riforma il presidente del Consiglio viene eletto per cinque anni e solo nell’ipotesi di sfiducia Parlamento o in caso di sfiducia su atto importante da parte del Parlamento c’è lo sciogliere delle Camere”.
“Nel caso di dimissioni volontari, come la premier finlandese, o per questioni legate a fatti personali o di famiglia, il premier eletto potrà decidere se sciogliere il Parlamento o insieme al presidente della Repubblica dare l’incarico a un altro parlamentare che ha avuto alle elezioni un collegamento con la sua lista e con la maggioranza per proseguire legislatura. Il senso è chiaro: non vogliamo più governi tecnici, ribaltoni, inciuci e giochi di Palazzo. Questa è la ratio del provvedimento”, osserva.
Con la riforma il presidente della Repubblica perde potere? “Assolutamente no. Affermazione falsa e fuorviante. I ruoli del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio eletto sono diversi e con direzioni non sovrapponibili. Il capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale e ha un ruolo super partes. Il premier eletto ha ruolo politico e dà la direzione politica”.
Mattarella dovrebbe dimettersi con l’ok finale al premierato? “Neanche per idea, ha una mandato fino al 2029 e non esiste alcun motivo per cui il presidente della Repubblica si dimetta con la riforma”. Infine Casellati, sulla legge elettorale, conferma che se ne discuterà dopo il primo via libera da parte di entrambi i rami del Parlamento e afferma: “Dovrà prevedere una soglia alta non inferiore al 40% per il premio di maggioranza”, conclude Casellati.