Nel momento in cui scriviamo sono quasi mille i clandestini giunti dall’Africa sulle coste della Calabria, della Sicilia, di Lampedusa. Mille persone che fuggono da fame e guerra, ma che non sanno di arrivare in un Paese comunque in grave crisi, dove non c’e’ lavoro, dove i disoccupati si gettano dalla finestra e gli imprenditori davanti al fallimento della loro azienda si impiccano.
Li chiamano viaggi della speranza, ma anche questa volta tra loro si contano i morti e la speranza diventa tragedia: ai militari che li hanno raccolti al largo di Lampedusa, e’ stato detto che sulle coste africane ce ne sono tantissimi altri come loro, vittime dei nuovi mercanti di schiavi che guadagnano con i loro sporchi traffici sulla pelle di uomini e donne disposti anche a morire pur di raggiungere l’illusorio traguardo del benessere.
Complice il beltempo, dunque, prepariamoci a vedere arrivare come ogni anno migliaia di clandestini. I centri di accoglienza sono gia’ in allarme: non sono in grado di far fronte a emergenze del genere. E l’Italia e’ lasciata sola dall’Europa anche in questo. Da noi il problema dell’immigrazione irregolare finisce sempre con l’insabbiarsi nel dibattito tra ius soli e ius sanguinis e anche per questo governo, tra i nuovi ministri, il problema si esaurisce nella difesa culturale dei diritti civili. Ma in una societa’ che non sa costruire il lavoro e decresce infelicemente, gli unici diritti per cui si lotta sono diventati quelli parassitari, di quanti, e sono ormai troppi, vogliono vivere sulle spalle di qualcuno o dello Stato.
Anche la parola razzismo è spesso usata a sproposito, o artatamente, per continuare a non affrontare i veri nodi del problema della guerra tra poveri e disperati. L’immigrazione deve essere regolata da leggi chiare e non da ipocrite dichiarazioni di solidarietà. L’Africa mediterranea deve condividere con l’Europa piani di regolamentazione dei flussi e l’Europa deve rendersi responsabile del controllo e della sistemazione nei Paesi più ricchi di questi sventurati che partono alla ricerca della felicità che da noi sicuramente non c’è. Se la Germania non ha problemi di deficit e di debito pubblico, se la Germania e’ l’unica a trarre vantaggi dalla moneta unica e cresce in competitività e in esportazione, si faccia almeno promotrice di progetti solidali nei confronti dell’Africa, non a parole, ma nei fatti. Investendo in quel continente non per arricchirsi, ma per risollevare quei popoli sfortunati, vittime non della loro geografia, ma della loro Storia di sfruttamento e di tirannia che si perpetua in altre forme.
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