Si parla tanto di referendum costituzionale, in queste settimane di dibattito estivo. Sui giornali, in TV, sui social network, su internet. Ciascuno dice la sua. Ma i cittadini sono davvero informati oppure ciascuno ascolta il proprio guru di riferimento e si prepara a votare ciò che dice lui?
Tra i quesiti referendari, c’è anche l’abolizione del Senato così come lo conosciamo oggi. Non l’abolizione tout court, sia chiaro, ma certamente una trasformazione. La riforma vuole mandare a casa 325 senatori, eliminando al tempo stesso il loro stipendio e i loro privilegi. Se vincesse il Sì, 325 poltronari di professione dovrebbero andare a lavorare davvero.
I partiti che stanno all’opposizione del governo Renzi si oppongono, valga la ridondanza, a questa riforma. Accampano decine di ragioni, ma la verità non la raccontano mai. Del resto, pensateci: come potrebbero i partiti dire sì all’eliminazione di un Senato che garantisce 325 poltrone ben retribuite? Anche il Movimento 5 Stelle, che da quando è nato ci propina il tormentone sull’“onestà”, è in pieno conflitto di interessi. Già, perché anche il movimento fondato da Grillo e Casaleggio dal Senato riceve ogni anno milioni di euro, sotto forma di contributo pubblico. Come? Presto detto.
I partiti politici ricevono contributi pubblici che vengono erogati ai gruppi politici presenti in Parlamento (e anche nei consigli Regionali). Si tratta di un fiume di soldi che vale più di 80 milioni di euro l’anno. Pensate: solo nel 2014, secondo quanto riporta il quotidiano Avvenire, i gruppi alla Camera hanno ricevuto oltre 30 milioni. Al Senato circa 19. Ovviamente a incassare di più è il partito più forte, ovvero il Pd, con 20,4 milioni. E poi c’è il Movimento 5 Stelle, che in questo caso non ha rinunciato ai quattrini, come ha fatto coi rimborsi elettorali (che comunque sono stati eliminati, dal 2017 i partiti non riceveranno più un soldo di rimborso), ma passa alla cassa e ritira 7 bei milioncini come gruppo parlamentare. Se il Senato fosse abolito, sarebbero aboliti anche i rimborsi ai gruppi, ovviamente. Questo non piace ai 5 stelle così come non piace a Forza Italia, Lega e a tutti gli altri partiti. Persino all’interno del Pd c’è chi è contrario alla riforma: sarà perché davvero la crede una cattiva riforma o perché tanti senatori dovranno andare a casa e al partito mancheranno milioni di euro?
Pensate: un senatore iscritto a un gruppo “vale” quasi 60mila euro l’anno di contributo. Un deputato circa 49mila. Difficile per i partiti rinunciare a un mucchio di soldi che il Senato ogni anno assicura alle loro casse.
Allora, cittadini, non fatevi ingannare. I partiti, la maggior parte di loro, fanno sempre e solo i propri interessi. Vogliono mantenere soldi e poltrone. Voi non siete stanchi di foraggiarli con le vostre tasse? Datevi una risposta e votate secondo coscienza, non secondo ciò che vi raccontano i vari grilli parlanti.
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