«Un augurio di cuore a Chidozie che inizia un nuovo percorso di vita grazie alla ditta edile di Domenico Bavila che lo ha assunto e ha creduto in lui». Sui social il comune annuncia il contratto di lavoro della prima famiglia che aveva firmato il “patto di accoglienza” nell’ufficio del primo cittadino.
Chidozie, la moglie Benedicta e i loro tre figli sono originari della Nigeria. Da marzo dello scorso anno vivono in Calabria, a Montegiordano, Comune dell’alto Ionio cosentino, al confine con la Basilicata. Il territorio ha aperto le porte ai due coniugi e loro stanno contribuendo a salvarli.
«Sì, i migranti sono arrivati da noi che ci aiutano a combattere la piaga dello spopolamento», racconta ad Avvenire il sindaco Rocco Introcaso. «Se la scuola resta aperta – prosegue il sindaco – è anche per merito loro. E se presto inaugureremo un asilo nido, è perché con i figli delle famiglie ospitanti abbiamo raggiunto i numeri sufficienti».
C’è una Calabria – spiega Avvenire -che le statistiche vorrebbero condannata al declino: quella dei piccoli paesi, per lo più nell’entroterra, dove il crollo degli abitanti e l’emigrazione si fanno sempre più marcati e rischiano di portarli verso il baratro del deserto demografico. Ma è la stessa Calabria che sopravvive grazie ai “nuovi” cittadini: siriani o pachistani, egiziani o tunisini, algerini o camerunesi. Comuni considerati in modo sbrigativo “minori” e ritenuti “in stato di abbandono” che hanno scelto di attirare i migranti, di integrarli, di farne dei residenti a pieno titolo.