L’Expo peggio del Mose o viceversa? Comunque li prendi, dovunque metti le mani, trovi corruzione, mazzette, irregolarità, scandali. E ora i primi patteggiamenti. Peggio il Mose o l’Expo? La risposta è reperibile nell’atteggiamento degli altri Paesi. Cospicue le rinunce all’Expo, certificata da comunicazioni ufficiali a dieci anni dell’apertura della rassegna.
Il Mose o l’Expo? Quando la torta è ghiotta e i soldi sono tanti, l’Italia riesce a mostrare puntualmente il meglio di sé. Si ridesta il popolo degli arraffatori titolari di incarichi importanti, peraltro in servizio permanente effettivo in tutti i campi, anche se operativi sottotraccia. L’Italia ne è piena. L’Expo è nei pasticci, troppi scandali. La Svizzera non ha rinunciato ancora. Ma i dubbi ce li ha, dovendo stanziare 3 milioni e mezzo di franchi, 2 milioni e 600mila euro. “Soldi a Follitalia? Non se ne parla: andrebbero a mafia e ndrangheta. Faremo sapere”.
Sul finanziamento dell’Expo la Svizzera ha indetto un referendum. Decidano i cittadini, la risposta arriverà il 28 settembre. Potrebbe essere negativa, la previsione non è campata in aria. L’Expo saprà in autunno. Intanto ha rinunciato l’India, per motivi politici. La questione dei marò ha avuto il suo peso. Altri Paesi ritengono di aver subito nel tempo sgarbi dall’Italia. Fitto è l’elenco di no all’Expo. Si sono ritirate Turchia, Ucraina, Argentina, Australia, Canada, Portogallo, Svezia, Danimarca, Norvegia.
Alcune non avevano mai aderito, altre si sono fatte da parte in buon ordine. Troppi scandali alla base delle rinunce, l’eco formidabile delle irregolarità commesse negli appalti è arrivata anche all’estero. E ha provocato sconquassi. Un rumore assordante che ha scosso le coscienze straniere.
Il flop dell’Expo è presente nei numeri. La situazione è preoccupante, sparge timori, e non s’intravvedono segnali di miglioramento. I fatti hanno provocato il ribaltamento delle previsioni, in alcuni casi cancellate clamorosamente. A fronte di una fragile crescita del mercato immobiliare legato all’Expo, si registrano dati che allarmano. Dove sono i 100.00 posti di lavoro previsti dagli esperti chiamati a monitorare l’Expo? Non ci sono, non esistono. I contratti sono stati finora 3.738, una miseria. Il segnale preciso di un flop in atto. I contratti hanno interessato 1.519 imprese, praticamente il niente. Si erano mantenuti bassi i sindacati, che parlano ora di 20.000 opportunità di lavoro. Preferiscono tenersi bassi e volare bassissimo: le prospettive non confortano ottimismi, neppure pallidi.
Rivelazioni e valutazioni sono firmate dall’Osservatorio sul mercato di lavoro, quindi non da gente qualunque. Che hanno aggiornato la previsione, attestandosi su 9.000 assunzioni fino all’apertura ufficiale di Expo. In alcuni settori ci sono consistenti richieste di lavoro. Le aziende chiedono addetti al call center, e manovali, carpentieri, magazzinieri, parrucchieri, aiuto cuochi. Quasi silenzio sul resto, a conferma che oggi è problematico attribuire ad Expo 2015 possibilità di successo.
Vi sono anche settori attivi, ma non è granchè in rapporto alle aspettative. Tirano abbastanza alberghiero e ristorazione, al 15% del totale; al 14% il turismo, al 12 il commercio, l’edilizia è al 10%. A fronte di un panorama complessivamente desolante: il manifatturiero è al 9% del totale. In campo edilizio ha registrato la stroncatura definitiva l’idea della costruzione di un nuovo stadio. “Non serve all’economia”. Finito e chiuso.
L’allarme è generalizzato, acuito in queste ore dalle richieste di patteggiamento dei corruttori Expo più cospicui. Gli ambigui squallidi personaggi che hanno mosso per anni le leve di Infrastrutture Lombarde. Il motore che ha sbriciolato danaro. Tangenti e quant’altro, il grande marcio, sono emersi dall’inchiesta della Procura di Milano dello scorso 20 marzo. Arrestato l’ex direttore generale, l’ingegnere Giuliano Rognoni, accusato di associazione a delinquere, turbativa d’asta e falso Rognoni ha concordato con i pm Robledo, D’Alessio e Filippini il patteggiamento a 3 anni. Due anni e otto mesi per Perpaolo Perez, ex capo delle gare e dei contratti. Un anno e otto mesi per Maurizio Malandra, già direttore amministrativo di Infrastrutture Lombarde. Una totale ammissione di colpe.
La conclusione parziale della scabrosa vicenda di corruzione e ladrocinio continua però a seminare acide polemiche all’interno della Procura di Milano. Il pg Manlio Minale è impegnato in un vigoroso attacco frontale del procuratore generale Bruti Liberati. Minale chiede nuovi riscontri al termine dell’inchiesta. “Sono stati commessi errori e insufficienze”. Le critiche mosse dal pg a Bruti Liberati riguardano in particolare il coordinamento della “Omogenea Expo” e l’estromissione dei procuratori aggiunti nell’inchiesta del filone Mose. In particolare su Marco Milanese, già braccio destro dell’ex ministro Tremonti, sul generale Spaziani e Roberto Meneguzzo, titolare di Palladio Finanza Vicenza. Gira e rigira, anche il Mose c’è sempre.
All’ombra dell’Expo, a dieci mesi dall’inaugurazione già ferita dalle rinunce, Bruti Liberati si addossa la responsabilità “delle insufficienze e degli errori”. Pensa quindi alle dimissioni? Assolutamente. È alla fine del mandato quadriennale dichiara di attendere “con piena serenità” la decisione del Consiglio Superiore della Magistratura sulla sua riconferma. “Resto altri quattro anni”. Molto rumore per nulla non è solo il titolo di una vecchia commedia teatrale di successo.
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