Sono ormai cinque mesi che una bambina trentina di soli dieci anni si trova rinchiusa in una struttura per minori orfani e maltrattati ad Oaxaca, nel sud del Messico.
La piccola, nata a Cles e cresciuta in Trentino fino all’età di due anni, si trovava nello Stato centroamericano perché la madre, la 43enne Elena Marini, originaria della Val di Non, lavorava nella città nel sud del Messico come fotografa documentarista.
Come ricorda Il Corriere del Trentino, la donna è stata arrestata lo scorso 15 agosto e dopo pochi giorni rilasciata, accusata di aver maltrattato la bambina. La piccola presentava un arrossamento su una mano e ciò è bastato per trasferire la bambina in un centro per minori, impedendo alla madre di far rientro in Italia con sua figlia.
Si sospetta che siano tutte false accuse costruite dal padre della piccola, messicano, per impedire il rientro di madre e figlia in Italia.
L’uomo, che finora non aveva mai riconosciuto la sua paternità, ora ci avrebbe ripensato avendo richiesto il test del Dna.
I consiglieri trentini Filippo Degasperi (Onda), Paola Demagri (Casa Autonomia) e Andrea de Bertolini (Pd) hanno depositato una interrogazione in consiglio provinciale parlando di “sequestro” in Messico di due cittadine italiane e di violazione dei diritti fondamentali della piccola e lamentando il fatto che le autorità messicane non hanno mai contattato il consolato italiano in merito. Francesca Graiff, legale della nonna materna della bambina, ha annunciato che nei prossimi giorni partiranno entrambe per il Messico.
SCOMPARSI IN MESSICO, LA FAMIGLIA NON SI ARRENDE
“Le ricerche non si fermino e soprattutto le autorità costringano i poliziotti corrotti arrestati e condannati a rivelare altre informazioni”. E l’appello degli avvocati dei cugini napoletani Vincenzo Cimmino e Antonio Russo e del padre di quest’ultimo, Raffaele, scomparsi in Messico, a a Tecalitlan, il 31 gennaio 2018 e per il cui rapimento e poi scomparsa sono stati condannati nel 2021 a 50 anni di carcere due agenti corrotti (un terzo è morto in carcere ed una loro collega è latitante) che li avrebbero “venduti” ad un gruppo di narcotrafficanti per mille pesos a testa, l’equivalente di 43 euro.
“Continueremo a cercarli perché non abbiamo prove che i nostri connazionali siano morti, pertanto per noi sono scomparsi” le parole di Claudio Falleti, legale delle famiglie, dalle pagine de Il Mattino che chiedono alle autorità messicane di costringere i poliziotti condannati a rivelare altre informazioni.
Di recente Falleti, con Francesco Russo, figlio di Raffaele, fratello di Antonio e cugino di Vincenzo, hanno avuto un incontro al consolato del Messico a Roma.