Sul Sole 24 Ore oggi in edicola si parla di fisco, Italia e Sud Italia. Infatti, dai manager sino alle professionalità minori, i nuovi regimi fiscali di attrazione del capitale umano diventano sempre più motivo per scegliere di trasferire la residenza fiscale e lavorare in Italia.
Si tratta degli effetti del Dl 34/2019 (decreto crescita), convertito con modificazioni dalla legge 58/2019, in vigore dallo scorso 30 giugno.
Le nuove norme, come si spiega sul quotidiano economico, potenziano gli incentivi esistenti per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal 2020 (vale anche per chi si trasferisce nella seconda metà del 2019 e, pertanto, acquisisce la residenza fiscale dall’anno successivo).
Le misure di attrazione per i lavoratori si aggiungono al regime fiscale per i pensionati esteri che si trasferiscono nei Comuni del Sud Italia con meno di 20mila abitanti e che potranno pagare un’imposta del 7% su tutti i redditi esteri – non solo sulle pensioni – per 10 anni.
Tra i regimi di vantaggio c’ è anche quello riservato ai soggetti titolari di grandi patrimoni, che consente l’opzione per un’imposta forfettaria pari a 100mila euro annui su tutti i redditi esteri per 15 anni.
Le condizioni dell’agevolazione
Il decreto crescita interviene in particolare sull’articolo 16 del Dlgs 147/2015, semplificando le condizioni di accesso al regime fiscale per i cosiddetti lavoratori rimpatriati, che diventano: 1. essere stati residenti all’estero nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia; 2. permanere in Italia per almeno due anni; 3. svolgere l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Per questi soggetti, è prevista la detassazione per cinque anni di parte del reddito di lavoro dipendente o autonomo prodotto in Italia.