Fare impresa in Italia non paga: le entrate non sono sufficienti a ripagare il costo del capitale e cosi’, nelle attivita’ industriali italiane, si e’ assistito ad una conseguente distruzione di ricchezza pari a 1,4 punti. L’amara considerazione arriva dall’annuale indagine sui ‘Dati cumulativi di 2.032 societa’ italiane’ (che non include il contributo delle controllate estere) dell’Ufficio studi di Mediobanca. Una edizione, quella del 2012, che viene diffusa, il giorno in cui il ministro del Lavoro, Elsa Fornero avverte, dai microfoni di radio Anch’io, che ‘l’autunno non sara’ facile’ e che la crisi ‘mette a rischio il futuro industriale del nostro Paese’.
In particolare, secondo l’indagine, i grandi gruppi – visti nella loro dimensione italiana – sono quelli che hanno sofferto di piu’ segnando un gap, nel 2011, pari a 5,2 punti mentre e’ stato piu’ contenuto quellO delle medie imprese (-1,2 punti) e delle medio-grandi (-1,4). La distruzione di valore ha risparmiato le sole societa’ a controllo estero, grazie alla elevata redditivita’ del capitale. In questo contesto gli investimenti a prezzi costanti ristagnano dal 2009 su livelli inferiori del 25% a quelli di inizio decennio. PIU’ BOND E FINANZIAMENTI NON BANCARI. Le banche nel 2011 sembrano aver aperto un po’ di piu’ i rubinetti del credito all’industria anche, se guardando all’ultimo triennio, le imprese hanno fatto piu’ ricorso a debito non bancario e a finanziamenti all’interno del gruppo. Dallo studio emerge che, nell’ultimo anno, e’ nuovamente aumentato il credito bancario (+4,6 miliardi) che ha coperto circa l’80% del maggior debito finanziario contratto (+5,8 miliardi). Guardando pero’ nel dettaglio, nell’ultimo triennio, vi e’ stata un’importante contrazione del debito bancario a medio lungo termine (-18,3 miliardi) ed un’espansione di quello a breve (+6,8 miliardi), con conseguente riduzione dei finanziamenti bancari per circa 11,5 miliardi. Tra 2009-2011, dunque, i debiti finanziari complessivi sono aumentati di 6 miliardi e le imprese hanno fatto ricorso a maggiore debito non bancario per 17,5 miliardi (13 miliardi con obbligazioni e per 4,5 attraverso finanziamenti intercompany).
NON ANCORA SU LIVELLI PRE-CRISI. L’ulteriore ripresa nel 2011 del fatturato, pari al 9,2% sul 2010, non e’ sufficiente a raggiungere, seppure di poco, il livello pre-crisi del 2008, a causa della forte flessione del 2009. In questo quadro l’export si e’ mosso a velocita’ piu’ che tripla rispetto alle vendite domestiche (+18,3% contro +5,5%). I maggiori incrementi, supportati dagli aumenti dei prezzi delle commodities, sono arrivati da metallurgia (+20,2) ed energetico +17,6%). Gomma e cavi (+20,2%) hanno beneficiato della domanda estera. Anno negativo, invece, per elettrodomestici, stampa-editoria, farmaceutico e cosmetico. Sul fronte occupazionale, per il quarto anno consecutivo, si e’ assistito ad un calo (-0,2% nel 2011), anche se in misura inferiore al 2010 (-1,6%) e soprattutto al 2009 (-2,7%).
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