"Troppi anni in balia del caos, con entrambi i popoli ostaggio di una guerra infinita: come conciliare la sicurezza di Israele con l’esistenza di un popolo palestinese senza pace e senza territorio?". Massimo Romagnoli, PdL, presidente del Movimento delle Libertà e membro del Consiglio generale degli italiani all’estero, da sempre vicino ai nostri connazionali che vivono in quel Paese, sente il dovere di manifestare in prima persona la propria solidarietà al popolo ebraico, dopo l’ennesimo attentato terroristico avvenuto nel centro di Tel Aviv e collegabile all’escalation militare di questi giorni.
"La strenua difesa di uno Stato circondato da Paesi ostili che finanziano organizzazioni terroristiche non puo’ che provocare l’instabilità e il continuo ricorso alle armi, essendo a rischio la sua stessa sopravvivenza. E l’ecatombe di civili innocenti da entrambe le parti indigna e sconvolge le coscienze della comunità internazionale. La soluzione della questione mediorientale deve trovare assoluta priorità nel calendario dell’Onu, soprattutto dopo che le cosiddette primavere arabe hanno cambiato completamente gli equilibri strategici e diplomatici di quella parte di mondo così martoriata. Ci auguriamo che l’America di Obama che si sta muovendo per disinnescare la miccia di una guerra che puo’ allargarsi pericolosamente, riesca a riportare venti di pace nella striscia di Gaza, in attesa di riprendere i necessari negoziati. Una divisione dei territori più favorevole ai palestinesi e confini finalmente sicuri per Israele con degli Stati-cuscinetto firmatari di precise garanzie, potrebbero porre fine a un conflitto senza tregua e creare le condizioni per un futuro di pace. Occorre pero’ che agiscano in fretta gli uomini di buona volontà, per non lasciare spazio o alibi al terrorismo internazionale".
"Sappiamo che l’attentato terroristico e’ stato rivendicato dalla Jihad islamica e che si e’ riusciti a concordare un percorso di tregua per Gaza. Sappiamo anche che Hamas ha esultato per la vendetta sul bus e che le tregue precarie non possono dirimere questioni territoriali sempre rivendicate, mentre l’emergenza umanitaria raggiunge dimensioni bibliche. Non e’ la geografia, ma la storia a segnare i confini di un popolo. E i suoi destini. Cambiamo in qualche modo la geografia, e cambierà la Storia d’Israele e della Palestina".
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