Un medico famigliare, internista, competente, gratuito e soprattutto italiano, per tutti gli italiani che vivono nella Repubblica Dominicana. Un sogno – si legge sul sito di Azzurro Caribe, periodico degli italiani di Centro America e Caraibi – che diventa realtà per i tanti pellegrini in perpetua lotta sanitaria. Grazie Massimiliano Scerra, grazie al MAIE RD e alla tua Commissione MAIE Salute e benessere: che tu sia benedetto tra tutti gli uomini, visto che il posto tra tutte le donne è già occupato. Una pensata che migliore, più solidale, più all’insegna della partecipazione e più promotrice di fiducia nella vita, proprio non si può.
Qui a Bavaro la notizia ha fatto subito il giro del mondo (beh, insomma, dell’area playera) e ha dato il là a canti corali di giubilo e di speranza. Speranza, beninteso, non nel nostro (diciamo cosi) beneamato Governo, ma in alcune (poche) istituzioni collaterali che se dio vuole vantano personaggi di statura diversa. E’ infatti grazie al MAIE se è avvenuto, o meglio sta per avvenire (due mesi passano presto) il miracolo.
Da sottolineare il fatto che mentre noi avremo il miracolo (gratuito) oltre confine, il nostro Paese (che il miracolo ce lo deve perché lo stiamo pagando o lo abbiamo già pagato) ce lo nega, nonostante divori sistematicamente e avidamente tutti i nostri versamenti al riguardo.
Non è un segreto che gli AIRE perdono il servizio sanitario nazionale, pur sgangherato com’è, e che quando vanno a trovare gli zii nel Belpaese rischiano brutto.
Ma tornando al punto, qui all’estremo Est del Paese si è un po’ defilati rispetto alla varietà di servizi della metropoli, e certe cose si recepiscono con maggior impatto emotivo. Nel “luogo dove nasce il sole” (per dirla coi tainos) finisce l’isola. Oltre c’è soltanto l’oceano e gli squali bianchi. No, anzi, c’è anche qualche splendida balena. Finora le invidiavamo, perché sono sane come pesci. Noi invece ogni tanto abbiamo mal di pancia. Che descrivere in un’altra lingua è già un bel tormentone, senza contare che bisogna capire bene la diagnosi in castigliano stretto, afferrare le istruzioni, tradurre correttamente il referto e la prognosi a garanzia di un minimo di serenità. Che già di per sé è il principio della guarigione.
Se poi dovete misurare la febbre, in alcuni paesi potreste pensare di essere in punto di morte vedendo il termometro che segna cento gradi. Solo in un secondo momento capirete che sono gradi Fahrenhait e che nel vostro linguaggio equivalgono a circa 37 e mezzo. Sono i prodigi della cultura. Paese che vai, diceva la nonna, usanze che trovi.
Ora però, almeno nella Repubblica Dominicana, tutto cambia. I nostri mal di pancia troveranno accoglienza, ascolto, e facili soluzioni, nella nostra lingua e con lo stesso termometro che conosciamo bene. Una sola, timida proposta-suggerimento, che non vuole essere invadente ma soltanto propositiva: se magari avanzasse qualche soldino, dico magari e anche non proprio prestissimo, potrebbe essere una buona idea avere anche un punto d’ascolto nell’Est e uno a Puerto Plata. Con tre desk strategicamente collocati si coprirebbe bene tutto il territorio nazionale. In alternativa si potrebbe forse pensare a un servizio itinerante.