Caro Matteo Renzi, ti abbiamo visto e ascoltato nell’ultima sfida che hai voluto lanciare con tono quasi liberatorio ai tuoi tanti nemici interni durante l’ennesima assemblea dem. La nostra sensazione è che dentro quel partito non sia cambiato niente, che l’ossessione per il tuo leaderismo sia l’unica vera compatibilità delle piccole malinconiche correnti, rivali anche tra loro.
Dovresti andartene sbattendo la porta, caro Matteo, lasciando chi ti combatte pervicacemente nell’illusione che, tolto di mezzo il numero uno, tutti i numeri due si trovino finalmente d’accordo: nel corteggiamento, tanto umiliante quanto inutile, a quelle cinque stelle, con cui credono di avere qualcosa da condividere. Se non altro, a parer loro, per la semplicistica considerazione che il nemico del mio nemico è mio amico.
Una deriva collettiva alla quale non è estraneo il tuo modo di rapportarti senza riguardo per nessuno, temperamento superbo che inspiegabilmente nell’altro Matteo produce consenso di popolo e silenzio-assenso di partito, mentre a te riserva critiche feroci, capaci di penetrare dal tuo stesso partito nel tuo stesso popolo.
In realtà un leader si riconosce anche dalla sua caparbietà e dalla voglia di riscatto. Non avere più il potere sul governo nulla toglie alla forza delle tue idee. Mentre il mondo cambia, e dimentica le tragedie collettive alimentando gli egoismi individuali, la vecchia sinistra chiede spazi impossibili. E’ la battaglia culturale per cui ti sei sempre battuto che può offrire un argine al fiume dell’ignoranza che avanza e soccombe ai demagoghi.
Non cedere ai nuovi aspiranti che ti accusano di non saper ascoltare. Non cambiare mai. I tanti che ti hanno scelto una volta alla fine dei giochi ti sceglieranno ancora. A dispetto delle previsioni. Sei tu l’unico vero leader, sei tu il solo che possa scalare se stesso.