Il caso Marta Russo 20 anni dopo. Della studentessa uccisa il 9 maggio 1997 da un proiettile vagante all’Università di Roma La Sapienza, si è parlato a Radio Cusano Campus con una puntata speciale de “La Storia Oscura” programma curato e condotto da Fabio Camillacci. Tra gli altri è intervenuto il generale Luciano Garofano, storico comandante del RIS di Parma.
Il generale si è detto perplesso sulle condanne di Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone accusati del delitto Marta Russo, evidenziando i tanti errori commessi in fase di indagine: “Purtroppo come è accaduto per tanti altri casi, anche attuali, l’esperienza investigativa, la capacità di cogliere elementi, sia prove dichiarative che elementi tecnico-scientifici, è evidente che ha lasciato forti perplessità, dei grandissimi dubbi. Sulle prove dichiarative ad esempio c’è stato un andamento altalenante nelle testimonianze, una situazione ondivaga veramente molto particolare. Ancor di più negli aspetti tecnici: sia per quanto riguarda i residui di colpo d’arma da fuoco o supposti tali, sia la perizia balistica. Purtroppo tutto questo in virtù della carenza di documentazione non ha consentito di arrivare a dei punti di riferimento certi. E come spesso accade: poca sicurezza nell’indagine, poca pena al processo. Così arriviamo sempre a sentenze che scontentano tutti – ha aggiunto il generale Garofano – perchè devono rispondere spesso a una serie di limitazioni e di imperfezioni che lasciano scontenti tutti: in primis i familiari delle vittime. Non voglio criticare nessuno ma spesso le indagini sono superficiali. Senza dimenticare – ha concluso il generale Garofano – l’aspetto grave di quando un pm si innamora del suo teorema accusatorio e apparentemente sembra esibire tutti gli elementi per confortare che quella tesi sia valida e veritiera; e spesso ci si appiattisce sulle indagini fatte dalla polizia giudiziaria che sembrano dimostrare qualche cosa di concreto ma tali non sono”.
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