In attesa del congresso di fine giugno, Roberto Maroni incassa il ‘via libera’ di Umberto Bossi per la conquista segreteria federale ed assume il comando delle operazioni nella Lega Nord. I maroniani festeggiano, i cerchisti temono un nuovo ‘repulisti’, mentre i bossiani predicano prudenza. E nel movimento continuano a girare con insistenza voci sull’arrivo di nuovi avvisi di garanzia eccellenti che potrebbero gettare ancora fango sul Carroccio.
Per il momento, comunque, l’attenzione e’ tutta per i ballottaggi e per i congressi regionali. Il ‘modello Verona’ va alla prova del voto di domenica. Per quanto riguarda i congressi la situazione sorride a Maroni che ha conquistato Liguria, Lombardia, Trentino, Romagna. Qualche problema potrebbe averlo pero’ in Veneto, dove i ‘cerchisti’ e soprattutto i bossiani sono ben radicati sul territorio.
Per l’ex ministro dell’Interno si apre la fase piu’ difficile del piano che dovrebbe portare alla nascita della ‘Lega 2.0′. Maroni, infatti, dovra’ lavorare (e non poco) per tenere unito il partito lacerato da ripicche interne e malumori. E, soprattutto, dovra’ fare i conti con Umberto Bossi. Si’, perche’ il ‘capo’ si e’ fatto da parte, benedicendo l’ascesa del suo ‘delfino’ naturale (con buona pace del ‘Trota’), ma e’ tentato dalla possibilita’ di mettersi all’opposizione interna nel partito, una piccola e silenziosa fronda.
Visto il vento che tira e a causa degli scandali familiari, per il senatur e’ meglio non esporsi in prima persona: e’ un modo, se non altro, per evitare ulteriori schiaffi dopo quelli gia’ presi alle amministrative. Sarebbe questa, infatti, la spiegazione del lungo silenzio di Bossi che ormai non parla dal 4 maggio scorso. In seconda fila, invece, il senatur avra’ l’opportunita’ di ‘fare le pulci’ a chi e’ alla guida del partito, approvando o disapprovando le scelte che verranno fatte. D’altronde, glielo permette il ruolo di ‘presidente a vita’ che il nuovo statuto leghista dovrebbe assegnarli. Bossi, infatti, e’ tutt’altro che rassegnato al ruolo di ‘padre nobile’ della Lega. La sua ‘presidenza a vita’ sara’ tutt’altro che onorifica. Maroni ne e’ consapevole: la partita non e’ ancora chiusa.
Bobo sta giocando tutte le sue carte con intelligenza e prudenza. E non fara’ certo il passo piu’ lungo della gamba. Il suo primo compito da neo-leader leghista e’ dirimere la matassa veneta. I ‘maroniani’ hanno puntato tutto su Flavio Tosi ma la candidatura del sindaco di Verona non piace, ovviamente, ai ‘cerchisti’ e non convince del tutto i bossiani. Probabile che il congresso federale regionale veneto sara’ una sorta di conta interna. Maroni deve vigilare ed evitare che il confronto si trasformi in scontro.
Sullo sfondo c’e’ poi la questione della rappresentanza veneta nel partito. La base della ex Liga mal vede l’egemonia lombardo-varesina del partito e chiede spazio e visibilita’ nella dirigenza. Una soluzione di compromesso potrebbe essere l’offerta della vice-segreteria al governatore veneto Luca Zaia che non a caso oggi ha benedetto ‘una candidatura unitaria per la segreteria se e’ rappresentata da Maroni’.
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