Ancora botta e risposta tra Italia e India per quanto riguarda il caso dei nostri marò. Questa volta il nostro Paese ha chiesto di far rientrare in patria Salvatore Girone. L’agente del governo italiano, l’ambasciatore Francesco Azzarello, ha spiegato in tribunale che il marò rischia di dover aspettare a New Delhi altri "3 o 4 anni", il tempo previsto per la fine dell’arbitrato, "privato della sua libertà", e per giunta "senza un formale capo d’accusa", in "violazione dei suoi diritti umani".
L’India ha giudicato “inammissibile” la richiesta italiana, “difficile da accettare”. Inoltre ha rispedito al mittente la responsabilità per la lentezza della giustizia indiana: "E’ l’Italia ad aver rallentato l’avvio di un processo nei loro confronti con le continue richieste e petizioni presentate alle corti indiane. Non per nostra negligenza", ha replicato nell’aula del Palazzo della Pace l’agente indiano, Neeru Chadha.
All’Aja l’Italia ritiene di avere "solide motivazioni giuridiche e umanitarie" per chiedere, e per "nutrire speranze", che Girone torni a casa. Senza dimenticare l’altro maro’, Massimiliano Latorre, gia’ a casa per un permesso concesso per motivi di salute dalla Corte Suprema indiana, permesso che pero’ scadra’ il 30 aprile. La decisione su Girone non arrivera’ prima di un mese.
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