On. Marco Fedi, le primarie Pd sono ormai un ricordo. Lei si è già congratulato con Renzi per la sua vittoria, alla quale lei stesso ha contribuito, con il lavoro svolto nella sua ripartizione elettorale. Ora che Renzi è segretario finalmente riceverà il sostegno di tutto il partito, al di là delle correnti. O no?
Le primarie hanno detto, attraverso gli iscritti, i simpatizzanti e gli elettori del PD, che Renzi è di gran lunga il leader più adatto a guidare il partito. Le elezioni ci diranno se, come io credo, è anche il più adatto a guidare l’Italia.
La scissione è costata cara al Pd?
Il Partito Democratico ha pagato un prezzo elevatissimo con la recente scissione, avvenuta per l’incapacità di gestire le diverse posizioni interne alla sua stessa compagine, politica e parlamentare.
Le ripeto la domanda. Ora che Renzi è segretario, il Pd è compatto e tutti gli daranno una mano?
Per quanto mi riguarda, basterebbe aderire a un principio molto sano in democrazia: porti avanti le tue tesi, ti schieri, se perdi accetti il risultato e sostieni la linea maggioritaria. Se non si adotta questo principio in un grande partito come è il PD, è facile perdere il senso di marcia, la direzione comune. Poi si può rimanere critici su alcune scelte.
Abbiamo visto tutti cosa è successo in Aula in occasione del voto sulla legge elettorale…
Non accetto la logica dei franchi tiratori, si è visto per la legge elettorale ed altri provvedimenti. Non riconosco alcuna legittimità al voto segreto. Anche chi vota in dissenso deve poterlo fare liberamente, assumendosene in pieno le responsabilità. Che senso ha votare in dissenso o votare seguendo la libertà di coscienza e farlo senza poterlo dire, oppure dirlo senza poterlo dimostrare, oppure farlo facendo credere a tutti di aver fatto il contrario? Questa non è vera libertà. Altra cosa è garantire che il gruppo o il partito non ti penalizzi per le idee che sostieni. Ecco che in questo modo entra in gioco il giusto equilibrio tra appartenenza, libere scelte e stare insieme nello stesso partito. Non è possibile, ad esempio, dividersi sulla legge elettorale.
Legge elettorale: perché siamo arrivati al nulla di fatto?
Perché non bastano buona volontà ed impegno: il Pd ha fatto la sua parte, rinunciando ad un progetto di riforma elettorale ampiamente condiviso nel mio partito. Abbiamo accettato la sfida della democrazia: allargare ad un arco di forze ampio l’approvazione della legge con la quale si va ad elezioni. Io ho sempre ritenuto un errore legare l’approvazione della legge alla data delle elezioni anticipate. Altre forze politiche di opposizione, ferme sul proporzionale, hanno pensato che non fosse sufficiente, che potessero anche giocarsi la data delle elezioni. Il M5S ha deluso tutti, a partire dai suoi elettori che sul proporzionale avevano dato il loro assenso. Ecco, non basta la buona volontà, occorre anche un senso delle istituzioni che ancora oggi è carente in alcune forze politiche. Vale la pena riprovarci: la legge elettorale va fatta dal Parlamento e possiamo trovare un modello che soddisfi un ampio schieramento di forze politiche.
Che dovrebbe fare, Renzi, secondo lei?
Ora Renzi ha davvero una straordinaria opportunità: costruire un Pd forte con una proposta politica seria da offrire ai possibili alleati e agli elettori e vincere la guida del Paese. Se farà questo lo sosterremo tutti. I segnali sono positivi: in molti hanno smesso di parlare di elezioni anticipate!
Ecco, appunto. Domanda da un milione di dollari: quando si voterà?
Alla scadenza naturale della legislatura. Sostengo questa tesi da molti mesi. Le elezioni anticipate non sono nella disponibilità di alcuno, se non della maggioranza che in Parlamento oggi sostiene il Governo Gentiloni: maggioranza che non è stata e non sarà messa in discussione.
Siamo in campagna elettorale?
Direi che lo siamo certamente, anche se nessuno è più disponibile a scommettere sulla data. Scherzando, a Melbourne, ho detto in inglese: “The election is never late, nor is it early, it arrives precisely when it means to”. Le elezioni non arrivano mai tardi, o presto, arrivano esattamente quando è il momento. In sostanza, nei giorni scorsi abbiamo ascoltato di tutto: scenari sull’incidente per far cadere il Governo del Pd guidato da Paolo Gentiloni, le dimissioni di Gentiloni per fare spazio a Renzi, l’Europa pronta a darci l’ok, Mattarella pronto al nastro di partenza purché si approvasse la legge elettorale… ed altro.
Dunque?
La mia analisi non è cambiata: la legge elettorale andava fatta, ed è un nostro preciso dovere continuare a provarci. Per dare al Paese una dimostrazione di solidità istituzionale, perché occorre approvare una buona legge elettorale con il massimo del consenso. Non ci siamo riusciti perché gli accordi politici e parlamentari sono stati smentiti dal M5S. Le elezioni sono altra cosa e richiedono due condizioni: la fine naturale della legislatura oppure il venir meno del rapporto di fiducia con la maggioranza. Mi pare di aver visto giusto.
L’On. Fabio Porta ci ha detto che pensa si possa fare qualcosa rispetto all’Imu che ancora sono costretti a pagare gli italiani all’estero. Nella prossima legge di Stabilità ce la facciamo ad eliminare questa iniqua e odiata tassa anche per gli italiani nel mondo?
Intanto noi siamo riusciti a garantire risorse ai Consolati per i servizi; a recuperare risorse per la promozione linguistico-culturale aumentando anche il personale docente di ruolo; ad approvare una nuova legge sull’editoria che proietta l’editoria di lingua italiana nel mondo nella dimensione tecnologica dell’online, oltre ad aumentare in legge di stabilità i fondi per le agenzie d’emigrazione e per la stampa di lingua italiana nel mondo; a garantire il rinnovo della rappresentanza con le elezioni dei Comites e del Cgie ed ora, insieme, a programmarne la riforma. Abbiamo, inoltre, affrontato e risolto molte situazioni di natura fiscale, come l’accesso alle agevolazioni fiscali ed ora al credito d’imposta per chi adotta la voluntary disclosure; abbiamo migliorato e prorogato le agevolazioni per i lavoratori che rientrano in Italia.
Stiamo lavorando ancora alacremente per IMU, TASI e TARI (per ora l’esonero è previsto unicamente per i pensionati di prestazione locale o in convenzione) e per il canone Rai, consapevoli di una difficoltà dovuta al costo significativo di una esenzione generalizzata e consapevoli del fatto che analogo trattamento si applica anche agli italiani che vivono in altra Regione o Comune, non solo ai residenti all’estero.
Lei è da poco rientrato dall’Australia. Iniziative sul territorio, tra i connazionali?
Molte iniziative, sia politiche che culturali. Alcune legate al 2 giugno o all’Anniversario dell’Arma dei Carabinieri. Abbiamo ancora una serie di questioni aperte che riguardano sostanzialmente la sfera dei diritti di cittadinanza, della cittadinanza stessa e dei servizi, siano essi consolari o di assistenza sociale o fiscale. Li stiamo affrontando con intelligenza e impegno registrando risultati positivi in Parlamento. Nei fatti, non nelle parole.
Abbiamo ancora davanti a noi la sfida della informatizzazione e dell’accesso alla pubblica amministrazione in forma digitale; stiamo affrontando il tema del personale a contratto sia a legge locale, che merita attenzione sia per gli aumenti stipendiali che per i nuovi contratti, che quello del personale a contratto nazionale italiano che chiede di poter avere contributi previdenziali e retribuzioni adeguati. Ci sono poi altre questioni che sono il frutto di un nuovo clima nazionale in Australia, collegato anche all’emergere di spinte nazionalistiche e di chiusura culturale. Mi riferisco ad esempio alle restrizioni sui visti che il Governo federale australiano si prefigge di approvare e alle modifiche alla legge sulla cittadinanza.
Ci parli un po’ di Australia, terra lontana che spesso risulta difficile da seguire anche politicamente. La comunità italiana sente l’avvicinarsi delle elezioni o no?
La comunità italiana è poco interessata alla data delle elezioni. Gli italiani in Australia ci chiedono piuttosto se l’Italia stia uscendo dalla crisi e i dati di questi giorni ci dicono, cosa positiva, che la crescita è superiore alle aspettative ed alle stime. Ci chiedono se l’Unione Europea dopo la Brexit sia destinata ad avere ancora un ruolo mondiale significativo, se l’uscita del Regno Unito possa rappresentare a lungo andare un problema per tutti i paesi membri anche a livello economico.
Molti australiani ed italo-australiani, come si sa, hanno interessi ed investimenti in Italia ed in Europa. Ci chiedono se l’Unione Europea sia in grado di assumere un ruolo coordinato nell’affrontare l’emergenza dei migranti mentre l’Italia viene apprezzata nel mondo perché ogni giorno salva vite umane nel Mediterraneo. Ci chiedono, questo è vero, le riforme. Da quella costituzionale, che hanno votato massicciamente, a quelle in campo economico e sociale fino alla legge elettorale.
Qual è la fotografia politica dell’Australia, dal punto di vista della comunità italiana?
La comunità italiana è ben integrata in Australia e la loro visione collima con quella australiana: l’Italia è un grande Paese che ancora non è riuscito ad esprimere le sue potenzialità. Non solo in campo turistico e culturale, dove non abbiamo eguali. Anche in campo industriale, dell’innovazione e della tecnologia. Lo dimostriamo ogni giorno aggiudicandoci commesse in ogni settore, da quello enogastronomico ed agroalimentare a quello tecnologico applicato all’industria in generale. Ecco, anche dalla politica degli eletti all’estero la comunità italiana chiede competenza, qualità, conoscenza dei problemi e capacità di ascolto e di proposta.
Quale lettura sul dopo elezioni amministrative?
Le elezioni amministrative non si sono ancora concluse e mi pare prematuro parlare di vincitori e vinti. Mi pare ragionevole sostenere la tesi che nessuno ha ottenuto risultati di particolare rilievo se non il dato del M5S che denota una stanchezza che per ora è nei territori ma che, a mio giudizio, si trasferirà anche sul piano nazionale. La stanchezza di chi vede allontanarsi ogni obiettivo vero di riforma e cambiamento: come hanno fatto con la legge elettorale. Vorrei vedere un quadro politico ricomposto, con avversari determinati non a dire solo “no” ma anche ad assumersi delle responsabilità. La stessa cosa per il centro-destra e Forza Italia, che ancora naviga a vista, in cerca di una nuova leadership. E le idee populiste, demagogiche e nazionaliste della Lega Nord non vincono in Europa e non vinceranno neanche in Italia. Noi abbiamo ora il dovere di governare bene e di prepararci con le nostre idee e le nostre proposte alla sfida per le politiche.
E sulla legge elettorale per il voto degli italiani all’estero?
Sostengo che comunque si debbano e possano trovare alcune soluzioni tecniche che lo migliorino. In assenza di un arco temporale che sia di almeno 12 mesi non si riuscirà a predisporre efficacemente l’elenco degli elettori che è l’aspetto centrale di una proposta che mantenga al centro il voto per corrispondenza. Attenzione però: la destra su “Libero” ha già iniziato una campagna che tende a screditare i parlamentari eletti all’estero, accreditando la tesi che per liberarsi di noi basta non candidarci! In sostanza, sarebbe necessario che chi ha responsabilità di Governo o di gruppo o di partito, compresi noi parlamentari, sostenesse con chiarezza la tesi che le comunità all’estero meritano di esprimere la propria rappresentanza diretta.
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