Nel giorno in cui si ricorda la tragedia di Marcinelle, dichiara il ministro degli Esteri Enzo Moavero, “è impossibile non rievocare gli italiani che, soprattutto fra il XIX° e il XX° secolo, lasciarono le terre natie per cercare lontano un futuro degno, per offrire di meglio ai propri figli. Sovente sono partiti affrontando l’ignoto con vaghe promesse, avventurandosi in viaggi incerti e pericolosi, e trovando condizioni impervie una volta arrivati a destinazione. Come altri europei, siamo stati, fino ai primi anni Sessanta del Novecento – in fondo, appena ieri – una nazione di emigrazione strutturale nel mondo. Lo testimoniano innumerevoli racconti, libri, film e canzoni”.
“Un flusso immane dall’Italia – ricorda il titolare della Farnesina – che, seppure con numeri ben più contenuti, prosegue tuttora, ma con tratti diversi. Da un lato, riguarda abbastanza spesso persone qualificate, al punto che si parla di ‘fuga dei cervelli’; per loro, non di rado, l’esperienza estera consente di integrare il bagaglio professionale e di studi: poi, alcuni rientrano, mentre altri si stabiliscono fuori con una scelta definitiva o quasi. Dall’altro lato, oggi, all’interno dell’Unione Europea, vige il diritto alla libera circolazione e la libertà di risiedere in qualsiasi Stato membro; la stessa cittadinanza UE, che si affianca a quella nazionale, ci fa sentire meno stranieri, laddove un tempo eravamo tali, e il diritto UE ci protegge da ogni tipo di discriminazione. Un’evoluzione indubbia, dei cui frutti non beneficiavano ancora i nostri compatrioti che lavoravano e morirono a Marcinelle”.
“Il mondo attuale è globalizzato e digitale, in continua evoluzione tecnologica, accorcia le distanze fisiche e psicologiche, ci tiene perennemente interconnessi, elimina o assottiglia le barriere, aumenta le opportunità di viaggiare, cercare e trovare un impiego non troppo lontano da casa come su scala pressoché planetaria”.
“Parallelamente – prosegue il ministro – impone notevoli sfide, può mettere in crisi ruoli e mansioni tradizionali; chi non sa aggiornarsi perde terreno e ne siamo spaventati, ma è una conclusione fallace perché i dati economici mostrano che i posti di lavoro, magari innovativi e inediti, che si creano sono di più di quelli che diventano desueti. Tuttavia, questa ‘nuova mobilità’ transfrontaliera è purtroppo superata di molto, per numero e drammaticità, dagli odierni grandi flussi migratori, buona parte dei quali in direzione dell’Europa. La storia e le cronache ci insegnano che è sempre difficile sapersi inserire, a pieno titolo, in tessuti sociali diversi da quello nazionale di appartenenza, fra non poche ostilità e frequenti prove da superare. Tuttavia, gli italiani emigrati e i loro discendenti hanno dimostrato una straordinaria capacità al riguardo”.