Francesco Orazi, professore di Sociologia dei processi economici e del lavoro Università Politecnica delle Marche, sul Corriere Adriatico scrive di emigrazione e sottolinea: negli ultimi dieci anni è cresciuta, e di molto, l’emigrazione all’estero dei giovani marchigiani. “E’ triplicata, come se fosse sparita una nostra media città”, osserva Orazi.
Da parte nostra, prosegue, “non facciamo nulla per trattenere i nostri giovani e dare pari retribuzioni alle donne, anzi bistrattiamo entrambi, rendendoli marginali sui mercati del lavoro. Oltre allo sblocco dei rinnovi contrattuali, c’è necessità di mettere mano in modo intelligente e creativo al mondo variegato del lavoro con contratti a tempo. È il mondo delle basse retribuzioni medie annuali, dell’incertezza che avvolge questi tipi di contratto, un mondo di piena sottoccupazione. Di fronte a retribuzioni tanto depresse, c’è necessità di ripensare ad un contratto unico, salvo poche deroghe per il lavoro a tempo”.
Il sociologo evidenzia anche che “gli ultimi dieci anni hanno fatto registrare una diffusione dei lavoratori poveri, spesso senza le protezioni necessarie. Questo in uno scenario regionale che vede gli stipendi medi dei lavoratori dipendenti marchigiani al 12° posto in Italia e quelli dei redditi da lavoro autonomo al 10° posto. Secondo il Geography Index 2022 (Princing Jobs) le Marche per reddito medio sono 12°, con alle spalle l’Umbria (13°), ma sotto le altre regioni del Centro e di poco dietro l’Abruzzo (11°). Uno scenario triste e sconsolato per una regione che fino a 20 anni fa sfoggiava un marchingegno produttivo e lavorativo che aveva spinto la società e l’economia regionale a un’ascesa tra le prime 5-6 regioni italiane a maggior benessere. Il terremoto infinito e poi la crisi economica, il Covid e la crisi energetica, la guerra e l’alluvione e infine l’inflazione a doppia cifra hanno scoperchiato l’altra faccia del problema lavoro e cioè le basse retribuzioni di un precariato diffuso e in crescita che, a sua volta, attesta la fragilità di un telaio di sviluppo che soffre anche il conformismo delle élite che guidano”.