“Il sentimento di giustizia è così universalmente connaturato all’umanità da sembrare indipendente da ogni legge, partito o religione”. (Voltaire)
“Il mondo è quel disastro che vedete. Non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”. (A. Einstein)
“Per me libertà e giustizia sociale, che poi sono le mete del socialismo, costituiscono un binomio inscindibile; non vi può essere vera libertà senza la giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà”. (Sandro Pertini)
“Il giusto è privo in assoluto di turbamento, mentre l’ingiusto è ricolmo del turbamento più grande”. (Epicuro)
MARCELLO DELL’UTRI ANCORA IN CARCERE
Marcello Dell’Utri ancora in carcere è un infortunio della nostra giustizia. Spero – per ultima idea – che gli saranno accordati gli arresti domiciliari.
LA CONDANNA E IL BUON SENSO…
Come sempre, non posso riferirmi – per incompetenza – alle migliaia di pagine del processo, che non ho letto e comunque non saprei valutare, per le infinite interpretazioni, contraddittorie, che esse consentono. Tenacemente mi riferisco al buon senso, che troppo spesso manca nel nostro Paese, per eventi grandi e tormentose, banali molestie quotidiane.
È REATO? PRIMA RIFLESSIONE
Per la mia sensibilità, sia la condanna, “per concorso esterno in associazione mafiosa”, sia la conseguente detenzione di Dell’Utri sono un grave infortunio della nostra giustizia. E per buon senso ecco queste riflessioni: 1. Il reato attribuitogli non esisteva o – quanto meno – ancor oggi non è chiaro nel codice penale: contestabile, inammissibile: non lo dico io, ci sono opposte convinzioni di insigni giuristi.
HA RISCHIATO DI MORIRE…
2. Ciononostante Marcello é stato incarcerato per due anni nel penitenziario di Parma, riservato ai peggiori criminali, i più pericolosi. In condizioni terribili per la sua salute, tanto da rischiare la morte. In età avanzata, é malato di cuore, é diabetico, ha problemi importanti di pressione. Poi, dopo due anni, è stato trasferito a Roma, a Rebibbia, dove le sue condizioni, pur in un ambiente meno pesante, sono gravemente peggiorate.
LA CORTE EUROPEA HA ASSOLTO CONTRADA…
3. La Corte europea ha sancito il diritto di Bruno Contrada, condannato per lo stesso reato, a tornare in libertà e a ottenere un risarcimento. É un caso famoso, un diritto riconosciuto dopo tanti anni. Le imputazioni a Contrada e Dell’Utri sono identiche. Perché l’assoluzione dell’uno non rappresenta un precedente anche per l’altro?
LA CORTE COSTITUZIONALE SI OPPONE
4. Ora però la Corte Costituzionale contraddice quella europea e afferma che il reato è grave e dà ragione al tribunale di Parma che aveva rifiutato a Dell’Utri gli arresti domiciliari. Dunque Contrada è in libertà, Dell’Utri no. Quando si pronuncerà di nuovo la Corte Europea? I tempi sono lunghi, lunghissimi. Mi è stato detto che chiunque si appella all’Europa contro qualsiasi sentenza. Per i motivi più futili. E non esisterebbe una scala affidata a valutazioni sull’importanza dei vari ricorsi.
RINVII DI MESI IN MESI
Conclusione? L’ultima speranza è il ricorso per motivi di salute. Con rinvii di mesi in mesi! Il primo medico interpellato ha dichiarato la validità delle documentazioni prodotte dai legali di Dell’Utri. Macché.
La burocrazia e l’assenza di buon senso provocano altri rinvii. Sono state ordinate nuove perizie, una decisione dovrebbe essere presa il 5 dicembre. Ma passano gli anni e non è escluso l’ennesimo rinvio. Intanto Marcello, 76 anni, gravemente malato, rischia di morire.
CHIEDO UMANITÀ PER TUTTI I DETENUTI IN CONDIZIONI SIMILI
Il caso di Marcello Dell’Utri non è il più drammatico, grave, penoso. È uno dei tanti, tantissimi. E non può definirsi civile una società che consente che il carcere sia un luogo di tortura, anziché destinato non solo a far scontare una pena, ma anche a rieducare i detenuti. Le condizioni disumane dei nostri penitenziari sono note e anche oggetto di ammonizioni e sanzioni. Tuttavia il governo non se ne occupa. Chiedo umanità, clemenza per tutti coloro che si trovano in condizioni analoghe o peggiori a quelle di Dell’Utri.
NON SI LAMENTA. SCRIVE E STUDIA
Scrivo di Marcello Dell’Utri perché ho seguito la sua storia, l’ho conosciuto e lo stimo. Perché lo stimo? Ad esempio: per la sua dignità, la capacità di subire la sofferenza senza lamentarsi e tanto meno piagnucolare. Il suo riferimento è la cultura. Vive il carcere studiando: si è iscritto a una nuova facoltà universitaria, storia medievale, ha superato i primi quattro esami con 30 e lode. Pubblica su “Il Tempo”, in prima pagina, esemplari riflessioni sulla vita in carcere. Testimonianze significative. Legge, scrive, studia. Complimenti a lui e a chi ha avuto l’idea, nel giornale romano, di dargli questa opportunità.
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