Mauro Priolo, avvocato che fa parte dell’AGIS, l’Associazione giuristi iure sanguinis. Quando è nata l’associazione, con quali obiettivi e di cosa vi occupate?
L’Agis è nata nel febbraio del 2023 ed è composta da validissimi Colleghi che operano nel settore della tutela del diritto alla cittadinanza italiana jure sanguinis. La mission dell’associazione è appunto garantire ai discendenti da cittadini italiani emigrati all’estero l’esercizio ed il rispetto dei diritti previsti dalla normativa vigente, tanto in sede processuale quanto extraprocessuale.
A tal proposito, infatti, abbiamo sin dall’inizio deciso di intavolare un proficuo e costruttivo rapporto con i tribunali italiani competenti e con Anusca, l’Associazione Nazionale degli Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe, al fine di poter collaborare per superare le criticità che spesso possono sorgere nel procedimento di riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana jure sanguinis.
Ne è un esempio il protocollo sottoscritto di recente da Agis con il Tribunale di Venezia o il Convegno organizzato presso la Camera dei Deputati alla presenza di docenti universitari, autorevoli costituzionalisti, Colleghi avvocati e Giudici del Tribunale di Venezia.
La bozza di manovra del governo contiene una norma che andrebbe a pregiudicare fortemente tutti quei discendenti di italiani che cercano di ottenere la cittadinanza tramite la giustizia italiana. Ci spieghi nel dettaglio cosa sta succedendo e cosa dice la norma?
Il Governo, con l’aggiunta del comma 1 sexies all’articolo 106 del Disegno di legge di bilancio per il 2025,al capo I, ha intenzione di introdurre l’aumento sproporzionato e, dunque, illegittimo del contributo unificato da pagare per l’iscrizione a ruolo della causa ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana jure sanguinis.
La modifica prevede infatti che ogni ricorrente dovrà pagare 600€ per l’avvio del procedimento giudiziario (ad es 3 ricorrenti 1.800€) a differenza dell’attuale normativa vigente che dispone il pagamento di un unico contributo pari ad € 518 + € 27 di marca da bollo indipendentemente dal numero di ricorrenti.
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Quali sarebbero le possibili conseguenze per gli oriundi? E per l’Italia stessa?
Gli effetti potrebbero avere una grave ricaduta sui cittadini aventi diritto al riconoscimento della cittadinanza italiana residenti all’estero, poiché impedirebbe alla maggior parte di loro l’accesso alla giustizia. In particolare discriminerebbe di fatto i richiedenti residenti nei territori del Sud America e in altri Paesi colpiti da gravi crisi economiche ed aventi una valuta debole.
Per l’Italia avrebbe certamente un riflesso negativo da un punto di vista economico per via delle minori entrate e reputazionale col conseguente deterioramento dei rapporti con le comunità oriunde all’estero.
Ma a volerla osservare da un angolo prospettico ancor più ampio, noi avvocati avvertiamo la preoccupazione, al di là della specifica condizione impattante sugli italodiscendenti, per l’introduzione di misure economiche in sede processuale smisurate e fortemente condizionanti il diritto di difesa e l’accesso alla giustizia. Oggi tocca ad una categoria e domani potrebbe toccare ad un’altra.
Perché a vostro modo di vedere la norma rasenta l’incostituzionalità?
A nostro avviso si tratterebbe di una misura viziata da numerosi profili di incostituzionalità, in piena violazione dei diritti sanciti dagli artt. 3 e 24 della Cost., dal contenuto evidentemente discriminatorio poiché si applicherebbe soltanto ad uno specifico tipo di procedimento limitando sostanzialmente l’esercizio del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. Senza tralasciare, inoltre, la grave inosservanza dei vincoli internazionali e comunitari in merito .
A giudicare dalla bozza di manovra, penalizzante anche per i pensionati italiani all’estero e i lavoratori italiani nel mondo, evidentemente il governo Meloni tenta di fare cassa sulle spalle degli italiani oltre confine, un po’ come hanno fatto tanti altri governi prima di questo, ad eccezione di quelli che hanno visto la presenza di un eletto all’estero nella stanza dei bottoni. Vista la situazione, come vi state muovendo? Avete provato a contattare politica e istituzioni per spiegare il rischio di una norma del genere?
Certamente. Siamo in stretto e quotidiano contatto con numerosi senatori della Repubblica della maggioranza che si sono dimostrati aperti al dialogo e soprattutto hanno condiviso le motivazioni sottese alla nostra protesta. Sono stati presi contatti con gli organi di stampa ed il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, in occasione della manifestazione organizzata per il giorno 12 novembre contro l’introduzione dell’articolo 105 del DDL di bilancio, si è dimostrato solidale e disponibile ad unirsi ed “ospitare” la nostra protesta.