In pochi giorni s’è giocato tutto, la Champions e una buona fetta di scudetto. S’è avvelenato anche il ritorno di Antonio Cassano, un volo di colomba su San Siro oscurato dall’improvvido e inatteso gol di Amauri, lui sì resuscitato secondo calendario. I sintomi della crisi erano già apparsi evidenti a Catania, quando lo staff rossonero ha cercato di coprire il risultato invocando un gol fantasma, dunque inesistente; stessa musica a Barcellona, altro arbitro contestato per tentare di celare difficoltà di gioco.
Con la Fiorentina tutti i nodi son venuti al pettine e la Juve ha saputo approfittarne esibendo – al contrario dell’avversario – uno stato di salute eccellente che già s’era palesato con l’Inter e il Napoli, mica robetta. E adesso, in pochi giorni, la Juve prima ha un forte impegno casalingo con la Lazio, ma a Torino, in quello Juve Stadium ch’è diventato la cassaforte della sua ricchezza e dei suoi sogni; poi, il Cesena, dolce viaggio in Romagna fra gli aficionados di sempre. Il Milan va invece a Verona per vedersela con il miglior Chievo possibile, capace di annientare anche il Catania, squadra rivelazione del campionato, poi se la vedrà col Genoa scivolato nelle zone basse della classifica. L’Antonio Furioso s’è fatto cogliere imprudentemente con un sorriso, ieri sera a Palermo, lui che da sempre ha rifilato il ruolo di favorito al Milan: ma la facilità con cui Bonucci e Quagliarella hanno liquidato i rosanero poco più che generosi giustifica la sua uscita allo scoperto; non ha Ibra, la Juve, ma una compagnia cantante che va in gol con discreta facilità alla faccia del Top Player di cui parla Marotta. E’ un Top Team, quello di Conte, rafforzato anche dall’ottimismo aziendale che proprio poche ore fa ha garantito alla Signora un capitale di una quarantina di milioni via Fiat- Chrysler. D’ora in avanti, per sette turni, ci si deve augurare una sfida fatta di gioco più che di polemiche, di palloni più che di chiacchiere. Il Milan dovrà cercare in se stesso i motivi della crisi, superando anche le remore di una cattiva salute globale, quella che porta via ad Allegri tanti giocatori importanti spesso senza un perché. E’ tornato Cassano, è vero, ma proprio nel giorno della caduta più inattesa e dolorosa. Gode solo Prandelli, di questi tempi, ritrovando i suoi prodi per il prossimo europeo.
C’è un dibattito da aprire, nelle prossime ore, non su complotti e sospetti, ma su un giocatore che ora al Milan servirebbe come l’oro e che sta invece spingendo la Juve verso lo scudetto: Andrea Pirlo. Vogliamo parlarne? Avevo avvertito: sarà Serata Chinaglia, i laziali venerano i caduti biancazzurri con intensità insolita e fede appassionata e vorranno onorare il loro immortale Long John. E così è stato, anche se non avevo previsto di assistere, nel contempo, alla realizzazione di un gol celestiale. Siate sportivi, amici lettori, siate sportivi come Walter Mazzarri che ha platealmente dimostrato il suo ammirato stupore per la rovesciata che ha permesso a Mauri di ferire a morte un De Sanctis stavolta senza colpa. Non come al gol di Candreva che gli è passato fra le gambe beffardo come un gatto. Ma il pesante risultato non significa supremazia tecnica, chè il Napoli s’è presentato all’Olimpico al completo mentre la Lazio mancava di quattro uomini detrminanti, Klose compreso. È il cuore napoletano che non canta più, è la grinta del gruppo che si è spenta nonostante i guizzi incontenibili di Lavezzi e la crescente sicurezza di Pandev, ormai titolarissimo. È il Napoli che si è spento, stavolta coadiuvato da un arbitro inqualificabile come Mazzoleni che gli ha negato un rigore netto al 41′ proprio per un fallo su Pandev.
Ma anche la Lazio aveva avuto il suo momento negativo incassando una decina di minuti prima il gol del macedone suggerito da Lavezzi con un tachetazo fascinoso; e si è ripresa, mentre il Napoli è andato spegnendosi, sfiduciato. Come se non ci fosse più niente da fare, come se fosse ormai fuori dai giochi, ma non è così.
C’è ancora tempo per la Champions, nonostante la fuga della Lazio e l’avanzata dell’Udinese. C’è ancora un percorso non impossibile per incassare i ventuno punti ancora disponibili ma tutto dipende da Mazzarri. Sia che resti a Napoli – come molti sperano – o che se ne vada altrove a caccia di gloria, Walter deve mettere insieme il suo annuale capolavoro e assicurare contro l’atalanta di Pier Paolo Marino la pur tardiva resurrezione di un Napoli che rischia, in caso contrario, di azzerare tante qualità e sperperare tanta ricchezza. Forse è ora che parli anche De Laurentiis. È emergenza, presidente. O mi sbaglio?
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