Riprendeva tutto con la webcam nascosta e poi probabilmente rivendeva i filmati a siti specializzati in pratiche sadomaso e fetish. O, forse, li utilizzava per ricattare gli ignari clienti. A gestire la casa di appuntamenti con ‘sorpresa’ era una 43enne romana, maitresse di un piccolo appartamento di 50 metri quadrati nel quartiere romano Ostiense-Marconi. Alle sue ‘dipendenze’ la donna, denunciata per sfruttamento della prostituzione, aveva tre ragazze, una ucraina, una italiana ed un’altra romena, pronte ad offrire ai loro clienti giochi erotici, anche i piu’ perversi.
Una di loro era molto grassa, mentre un’altra, moglie di un noto pregiudicato italiano, era invalida al 100%. Le loro prestazioni avevano un tariffario ben preciso che variava dai 100 euro per un rapporto con una sola ragazza ai 200 euro per spettacoli saffici.
Le pratiche che avvenivano all’interno del piccolo appartamento erano piuttosto ‘particolari’, e la clientela era molto varia, da giovani studenti universitari a professionisti. Al momento non si esclude che possano essere coinvolti anche personaggi facoltosi e imprenditori.
All’interno dell’abitazione gli agenti del commissariato Colombo hanno rinvenuto numerosi oggetti erotici, costumi di cuoio, frustini e borchie. Per pubblicizzare la propria ‘attivita’, la donna non esitava a pubblicare annunci sui principali quotidiani italiani (almeno uno al giorno) e sui siti internet specializzati. In un armadietto all’ingresso era conservato un quaderno in cui venivano registrati tutti i ‘movimenti’ delle ragazze. Accanto ai loro nomi c’erano le cifre che erano riuscite a raggiungere. In una sola giornata, stimano gli inquirenti, la casa d’appuntamenti riusciva a raccogliere mediamente un incasso di 1.000 euro, la cui meta’ finiva nelle tasche della maitresse. La polizia continua le indagini e la visione dei filmati per capire quale fosse realmente lo scopo delle registrazioni. Non e’ escluso che i video possano essere stati utilizzati anche per ricattare i clienti, anche se resta piu’ forte la pista che porta alla commercializzazione su siti di ‘nicchia’. Sembra, tra l’altro, che quella di via dei Casamari non fosse l’unica casa di proprieta’ della donna denunciata, ma che ne avesse diverse in altre zone di Roma.
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