Le telefonate tra l’ex ministro Nicola Mancino e l’ex consigliere di Napolitano Loris D’Ambrosio, e le intercettazioni delle conversazioni tra l’ex colonnello dei carabinieri Giuseppe De Donno che si congratula con il senatore Marcello Dell’Utri per la decisione della Cassazione sul suo processo, potrebbero entrare nel dibattimento per favoreggiamento alla mafia in cui sono imputati gli ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu.
A chiederne l’acquisizione e’ stato questa mattina il pm Nino Di Matteo che ha ribadito l’importanza delle telefonate, intercettate nell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia, anche nel procedimento in corso davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo. Un altro colpo di scena nel lungo processo a cui si aggiungera’, nell’udienza del 5 ottobre, un nuovo protagonista: il pentito Gaspare Spatuzza. A sollevare la necessita’ di sentire il collaboratore di giustizia era stato il collegio e la proposta e’ stata accolta dai pm e dagli avvocati.
Mentre Spatuzza parlera’ delle stragi del ’92-’93 e su quanto avrebbe saputo dai fratelli Graviano sull’attentato all’Olimpico di Roma, la conversazione tra De Donno e Dell’Utri del 9 marzo e quelle precedenti e successive tra l’ex colonnello e il generale Mori dovrebbero fare luce, nelle intenzioni dei magistrati palermitani, sui rapporti pregressi e piuttosto confidenziali tra gli ufficiali e il senatore. De Donno chiamo’ Dell’Utri il giorno dopo la decisione della Cassazione che stabiliva un nuovo processo per il fondatore di Forza Italia, dopo la sentenza che lo aveva condannato a sette anni di carcere per mafia. Una telefonata breve ma indicativa, secondo i pm, dei rapporti tra i due. De Donno, in particolare, si dice ‘molto felice’ della decisione della Suprema corte e Dell’Utri gli risponde che anche lui e’ contento e che ‘qualcuno serio ancora c’è’.
Nelle intercettazioni portate avanti nell’inchiesta sulla trattativa ce ne sono nove tra Mancino e D’Ambrosio. Una di queste, quella del 25 novembre scorso, potrebbe chiarire la nomina di Francesco Di Maggio al Dap nel 1993. Mentre era vice direttore del dipartimento, su sua proposta, 300 provvedimenti di 41 bis non vennero rinnovati. ‘Perche’ e’ arrivato li’ Di Maggio? Chi ce lo ha mandato? Questo e’ il problema. Ormai uno dei punti centrali di questa vicenda e la nomina di Di Maggio’, spiega D’Ambrosio a Mancino che replica ‘e certo… non aveva i titoli’. ‘Ricordo chiaramente il Dpr – dice D’Ambrosio – scritto nella stanza della Ferraro’. Emerge quindi, per i pm, l’asserita conoscenza di D’ambrosio delle motivazioni della nomina di Di Maggio e l’interessamento di Liliana Ferraro, degli Affari penali, per la predisposizione del decreto. Anche Giulio Andreotti entra, anche se indirettamente, nel processo Mori. Il Tribunale ha infatti deciso di acquisire la sentenza di appello al’ex presidente del Consiglio. Si tratta di una decisione per altro redatta dal presidente del collegio che processa Mori, Mario Fontana, all’epoca componente del Tribunale che assolse Andreotti, con la prescrizione dei reati fino al 1980.
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