Il boss della Sacra Corona Unita e’ in carcere dai primi anni Novanta ma ha continuato a dare ordini e a gestire il suo territorio anche nei periodi in cui era sottoposto al carcere duro. Salvatore Buccarella, 53 anni, e’ uno tosto. E’ riuscito per lungo tempo a far credere agli inquirenti di essere fuori dai giochi, ma in realtà non ha mai abbandonato il campo e dirigeva il tutto dal carcere di Secondigliano. Lo ha rivelato stamani il procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta, ai giornalisti. Lo si evince dalle conversazioni intercettate dagli investigatori, i carabinieri del nucleo investigativo di Brindisi che oggi hanno eseguito 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone – tra cui il boss Buccarella, sua moglie, suo padre e suo figlio – accusate di far parte di una associazione per delinquere di stampo mafioso dedita alle estorsioni ai danni degli imprenditori approdati nel brindisino per realizzare impianti fotovoltaici ed eolici.
‘Chiedi a Salvatore, che deve fare’ dice uno degli affiliati ad Antonia Caliandro, detta ‘Netta’, la moglie di Buccarella, madre di Angelo, il rampollo che per gli inquirenti rappresentava il presente e il futuro della Scu in terra brindisina. E’ lei, del resto, una delle poche persone autorizzate a incontrare il marito, nel corso dei colloqui in carcere. Salvatore Buccarella è stato raggiunto da una nuova ordinanza in carcere. In manette e’ finito anche il padre del boss che e’ dietro le sbarre di Secondigliano: Giovanni Buccarella, il capostipite, alias Nino Balla, già arrestato l’1 giugno del 2010 per gli stessi fatti, per una richiesta di danaro che fu denunciata da due imprenditori siciliani. L’85enne, per la sua eta’, ha ottenuto i domiciliari.
Dalle indagini coordinate dal pm Alberto Santacatterina e’ emerso che nel territorio brindisino e in tutto il Salento regna una sorta di ‘pax mafiosa’. La criminalita’ non ha interesse a farsi la guerra per la gestione del territorio. E le donne non hanno affatto un ruolo marginale nella attivita’ di malaffare. E’ la moglie di Salvatore Buccarella che insieme al figlio va dall’attuale collaboratore Ercole Penna per chiedere lumi su un attentato dinamitardo compiuto da altri a Brindisi, città controllata da Francesco Campana, altro elemento di spicco della Scu in carcere dall’aprile 2011. Ed e’ nella masseria dei Buccarella che si trova a Tuturano, frazione di Brindisi, che vi fu una ‘riunione’, una sorta di summit nel corso del quale l’altro boss, Francesco Campana, legatissimo ai Buccarella, parlo’ agli altri di riappacificazione, dicendo che ‘nel rispetto del territorio di ciascuno, ognuno avrebbe continuato a fare il suo senza pestare i piedi all’altro’. Sono 13 i capi di imputazione dell’ordinanza di custodia cautelare disposta a carico delle 16 persone, tutte del brindisino. Racket, pizzo, ritorsioni per ottenere denaro e mantenere cosi’ i detenuti e le rispettive famiglie. Ma non e’ soltanto di soldi che necessitava l’organizzazione, ma anche di posti di lavoro e di incarichi per le proprie aziende di fiducia. Le opere nei parchi eolici e fotovoltaici andavano svolti ‘da altre persone che pagano la protezione’. Oltre ai sette imprenditori vittime di minacce, pressioni e ritorsioni ce ne sono altri ma avrebbero avuto un ruolo differente, anzi, contrapposto: ‘alcuni titolari di attivita’ imprenditoriali – si legge nell’ordinanza – avrebbero svolto il ruolo di congiunzione tra le imprese aggiudicatarie e l’associazione mafiosa, quali ‘garanti’ nei confronti di quest’ultima, e infine esigendo di ottenere l’assegnazione di lavori in subappalto’. Collusi, secondo gli inquirenti, perchè dall’incarico rivestito ne traevano vantaggio per se’ e per le proprie aziende’.
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