Un lunedì nero per i verdiniani, che vedono frantumarsi in mille pezzi la speranza di ottenere posti di governo. Resta da capire bene cosa sia successo, ma Denis Verdini è arrabbiatissimo. La decisione è presa: non voterà la fiducia al governo Gentiloni.
Nel tardo pomeriggio, ore 18, i gruppi di Ala-Scelta civica sono sul piede di guerra. Il movimento fondato da Denis Verdini e Enrico Zanetti, riferiscono fonti parlamentari dei gruppi, starebbe pensando di non sostenere il nascente governo Gentiloni, perchè considerato sostanzialmente una fotocopia di quello Renzi uscente.
Nel quartier generale di via Poli ‘zanettiani’ e ‘verdiniani’ si vedono per fare il punto della situazione mentre il premier incaricato Paolo Gentiloni è alle prese con il rebus della lista di ministri del suo governo. Sul tavolo del vertice c’è sempre l’ingresso formale della componente Ala-Sc a Palazzo Chigi: in ballo c’è un dicastero e i papabili restano sempre Enrico Zanetti, attuale viceministro dell’Economia e Francesco Saverio Romano. In discesa invece le quotazioni per l’ex presidente del Senato Marcello Pera. In queste ore frenetiche di trattative Denis Verdini stava lavorando per vedere riconosciuto l’impegno profuso fino ad ora a sostegno della maggioranza di governo renziana.
Nel frattempo le agenzie battono le dichiarazioni di Lega e M5S. Matteo Salvini: “L’eventuale ingresso di Verdini e altri residuati della Prima Repubblica non meritano commenti”. Danilo Toninelli, deputato pentastellato: “Dalla rottamazione alla restaurazione: #Renzi doveva spazzare via il vecchio e il marcio e invece ci troviamo #Verdini al governo! Vergogna!”.
Poi il comunicato stampa di Verdini e Zanetti, che annuncia lo strappo. Eccolo: “In questi giorni abbiamo rappresentato al Presidente della Repubblica e successivamente al Presidente del Consiglio incaricato la nostra disponibilità e il nostro senso di responsabilità: siamo convinti che il Paese abbia bisogno di un governo nella pienezza delle sue funzioni, sufficientemente forte per far fronte alle immediate emergenze economiche ed internazionali legate al ruolo del nostro Paese, e alla imprescindibile necessità di una legge elettorale che, a nostro avviso, non può che essere il frutto del lavoro del Parlamento della Repubblica e che doveva e deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest’ultimo principio”.
“Di tutto ciò – prosegue la nota – non abbiamo avuto dal presidente del Consiglio incaricato alcun riscontro: al contrario apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo ‘fotocopia’, senza alcun approfondimento sulle questioni in campo. Di conseguenza, in coerenza con un’azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi-bis”.
Dunque da quanto si apprende sembrerebbe che il partito di Denis Verdini si sfili dalla maggioranza di Governo. Questo significherebbe che potrebbe saltare la poltrona di Enrico Zanetti. Infatti, secondo le ultime voci, ne’ Enrico Zanetti ne’ Saverio Romano, entrambi esponenti di Ala-Scelta Civica, faranno parte del governo, come invece sembrava probabile in una prima fase. Il movimento guidato da Denis Verdini contava sulla riconferma del viceministro dell’Economia e sull’ingresso nell’esecutivo di Romano.
LA FIDUCIA La fiducia a palazzo Madama passera’ perche’ la minoranza dem sosterra’ Gentiloni, mentre i 18 senatori verdiniani no. Il problema sara’ per i prossimi passaggi parlamentari, ma i renziani non nascondono che si ragionera’ di giorno in giorno calcolando che l’obiettivo e’ sempre quello di arrivare al voto in tempi brevi. Ovvero se dovesse cadere il governo ci dovranno essere per forza le elezioni anticipate, questo il ragionamento. Del resto lo stesso Renzi, augurando buon lavoro a Gentiloni, oggi in direzione ha spiegato che occorre comunque andare a votare il prima possibile.
Con la minaccia di Denis Verdini di non votare la fiducia al Governo Gentiloni senza adeguata rappresentanza di Ala nel nuovo esecutivo, sulla carta la maggioranza al Senato sarebbe appesa a un filo: potrebbe contare su 161 voti dei senatori Pd (113) Ncd+Udc (29) e gruppo Autonomie (19). Ovvero esattamente la maggioranza assoluta dei 320 senatori (315 elettivi e 5 a vita) che compongono l’attuale assemblea di palazzo Madama.
Se davvero i 18 senatori Ala di Verdini ed Enrico Zanetti non dicessero sì alla fiducia al nuovo governo (l’astensione al Senato vale come voto contrario) la maggioranza in Senato per essere autonoma dovrebbe essere sempre presente. O contare su presenza e voto a favore del presidente emerito Giorgio Napolitano e/o dei senatori a vita Elena Cattaneo, Mario Monti, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia, Renzo Piano. Oppure del gruppo di Gal ricevuto oggi da Gentiloni: conta 14 senatori, non sempre votano tutti insieme. Lo stesso vale per i 28 senatori del gruppo misto.
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