“Con l’83% dei consensi popolari, a suo tempo Lula non ha voluto cambiare la Costituzione per ricandidarsi al terzo mandato. Con una grave forzatura istituzionale i poteri della consorteria brasiliana hanno deposto Dilma. Il nuovo Governo Temer (fatto di gente al di sotto di ogni sospetto) e il parlamento brasiliano (con un gradimento popolare inferiore al 10%) hanno fatto una riforma del lavoro ai limiti della costituzionalità brasiliana e che toglie diritti e dignità ai deboli. Rendendoli più deboli. Il prossimo obiettivo è quello di una riforma delle pensioni che colpirà ancora le classi deboli e medie”. Lo scrive in una nota Eugenio Marino, Pd.
“Ultimo, ma non ultimo – prosegue Marino -, la condanna con incandidabilità di Lula che corona un preciso progetto politico di destra ultraliberista e che impedisce qualsiasi riscatto politico ed economico delle masse brasiliane e di quel Paese nel mondo. Io, le vene aperte del Brasile, le vedo così. Ma spero ancora che Lula e il suo progetto politico non finiranno come una parentesi nella lunga storia di quel grande Paese. Spero ancora – conclude l’esponente Pd – negli altri gradi della giustizia brasiliana che, paradossalmente, Lula ha reso più libera, autonoma e indipendente”.