Il percorso che i “talebani africani” della Nigeria hanno compiuto è stato di una velocità impressionante. Il gruppo, appena tre anni fa, sembrava in grandi difficoltà e l’uccisione – una vera esecuzione – del suo leader Mohammed Yousuf, sembrava averne decretato la fine. Invece i suoi membri si sono dispersi nei Paesi circostanti (come il Camerun), hanno curato le ferite e si sono riorganizzati, con alcuni che si sono recati nell’area tribale pachistana, vera università del terrorismo, da dove hanno importato le tecniche jihadiste ed altri che hanno stabilito rapporti operativi con Al Qaeda nella Terra del Maghreb algerino.
Il terzo fronte è stato quello somalo, con i militanti nigeriani che hanno ricevuto consigli dagli Shabab che, per quanto siano impegnati a difendere il loro territorio, tendono ad ampliare il raggio d’ azione. Così, ben attrezzati ed organizzati, hanno ripreso la lunga scia di stragi ai danni di governo e cristiani nel loro Paese. Dopo altre innumerevoli stragi, prima e dopo quella del Natale scorso, quasi 200 sono stati i morti nelle stragi di venerdì a Kano ed undici i cristiani uccisi ieri a Bauchi, un’altra città del nord dove i Boko Haram, i talebani neri, hanno distrutto due chiese.
Prima della colonizzazione l’area oggetto delle stragi era il cuore di un califfato islamico collegato al Nordafrica e ai paesi arabi. Strapparla ora al governo, massacrare e mettere in fuga i cristiani rientra nel disegno di chi punta ad un’egemonia islamica estesa dal Sahel alle coste occidentali della Nigeria e a quelle orientali della Somalia. In un video diffuso in rete, Abubakar Shekau, attuale leader del gruppo islamista nigeriano, ha detto, parlando in Hausa, la lingua piu’ diffusa nel nord della Nigeria: “Siamo in guerra contro i cristiani perche’ tutto il mondo sa quello che ci hanno fatto”.
Shekau, che nel filmato indossa un turbante bianco e rosso, un corsetto antiproiettile ed e’ seduto davanti a due mitra Kalashnikov, ha avvertito il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan, che è cristiano, che le forze di sicurezza non riusciranno a fermare il gruppo islamico. Dal canto suo il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza in alcune aree del nord della Nigeria, ma questo non e’ servito finora a fermare le violenze.
“Il rapporto tra Chiesa e islam in Africa non e’ omogeneo”, ma ”in Nigeria, non si da’ il caso di una piccola minoranza cristiana, ma c’e’ la parita’ numerica con l’islam: e non esiste altra via per evitare l’autodistruzione che il reciproco riconoscimento e l’uguaglianza sostanziale”. E’ l’analisi offerta da mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja (capitale federale della Nigeria), sul mensile ”30giorni”, subito dopo gli attentati di sabato e domenica. Per mons. Onaiyekan, ”e’ sbagliato pensare che la rivalita’ tra cristiani e musulmani faccia fisiologicamente parte del complesso gioco di equilibrio in un paese come la Nigeria. Ed ha aggiunto. “Il Paese appartiene a tutti noi, cristiani e musulmani, cittadini di uno Stato ricco esportatore di petrolio, dove l’ipotesi della separazione tra Nord e Sud e’ totalmente irrealizzabile. Quando ascoltate qualcuno sostenere la tesi dei due Stati, islamico al nord e cristiano al sud, sul modello del Sudan, sappiate che mente o non capisce. La realta’ e’ che ci sono cristiani che non soltanto vivono a Nord, accanto agli Hausa-Fulani islamici, ma del Nord sono anche originari; mentre quasi il cinquanta per cento della etnia Yoruba, tradizionalmente del Sud, e’ composta di musulmani”.
Intanto, oggi, nel Nord del Paese, la polizia ha scoperto piu’ di 100 bombe inesplose che dovevano essere utilizzate per compiere altri attentati.
La Nigeria ottenne l’indipendenza nel 1960 dopo grandi lotte. Le risorse petrolifere del Paese furono anche causa di frequenti conflitti per il potere. Shehu Shagari fu nominato presidente nel 1979 e cercò di instaurare un governo democratico, ma il tentativo ebbe fine dopo appena quattro anni. I governi successivi, dal 1983 in poi, sono stati caratterizzati da gravi carestie, disoccupazione e corruzione. L’attuale governo militare sta lentamente riportando il paese alla democrazia anche se esiste sempre la possibilità di un conflitto tra i vari gruppi etnici della Nigeria, la maggioranza Hausa e le minoranze Ibo e Yoruba.
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