Tra pochi giorni si terranno le elezioni per la futura composizione del Parlamento europeo e, seppur sottovoce, tra gli addetti ai lavori ci si interroga su quanti saranno coloro che diserteranno le urne. Salvo fatti inaspettati dell’ultimo momento, la previsione è che la partecipazione al voto potrebbe segnare un nuovo record al ribasso. Tale prospettiva non riguarda solo l’Italia ma, sembra toccare tutti, o quasi, i Paesi europei.
Non ci sarebbe da stupirsi se chi andrà a votare sarà attorno o meno del 50% degli aventi diritto. È anche possibile che tra i votanti molti scelgano di optare per partiti dichiaratamente anti-europeisti o, in qualche modo, che rappresentino la protesta di chi sta contro l’Europa di Bruxelles.
Naturalmente la stampa dominante e i partiti che oggi dominano il Parlamento europeo ed esprimono, seppur indirettamente, la Commissione si sgoleranno per dire come il voto sia un dovere democratico e quanto questa Europa sia necessaria. Peccato che non è il sentimento più diffuso tra la maggior parte degli europei che non capiscono perché a Bruxelles e a Strasburgo si prendano decisioni che risultano incomprensibili ai più.
Io stesso, europeista da sempre, sono molto perplesso questa volta sul se e chi, eventualmente, votare perché, lo devo confessare, l’Europa che abbiamo oggi non mi piace nemmeno un poco. Eppure non sono affatto un cosiddetto “sovranista” e continuo a pensare che i Paesi europei più volonterosi debbano realizzare una vera unione politica.
Avevo circa 13 o 14 anni quando mi parlarono della importanza e della assoluta necessità che l’Europa si unisse politicamente. Chi me ne parlò fu l’insegnante di musica nella scuola media di allora, tale professor Giuseppe Coppelli, che dopo le lezioni ci raccontava di aver costituito un Movimento europeista che si chiamava “Cavalieri per l’Europa”. Il movimento aveva trovato aderenti anche in Svizzera, Francia e Germania e sembrava volersi estendere anche oltre. Appena ci fu possibile, con alcuni compagni aderimmo al settore giovanile di quella organizzazione.
L’idea era che mai i vari governi avrebbero messo in pratica il progetto dei Padri fondatori che era di cominciare con una unità economica per arrivare, passo passo ad una unità politica e che tale unificazione sarebbe potuta avvenire solo dietro una forte spinta delle popolazioni europee. D’altra parte la storia ci ha insegnato che ben raramente chi ha il potere lo cede volontariamente. Risultano ben pochi coloro che lo fecero senza esserne obbligati in un modo o nell’altro: Silla, Diocleziano, Carlo V (che poi però probabilmente se ne pentì), Celestino V e Beatrice d’Olanda. Anche su Benedetto XVI restano ancora dei dubbi sui veri motivi della sua decisione di dimettersi.
Dalla mia gioventù sono sempre più convinto che quel visionario professore avesse ragione nell’auspicare una Europa veramente unita. Soprattutto oggi, in un mondo globalizzato (e indipendentemente da ritorni di fiamma protezionistici), l’Europa degli staterelli è destinata a soccombere di fronte alla forza economica e politica delle grandi potenze.
Stati Uniti, Cina, India, Russia, e in futuro altri, hanno dimensioni e potenzialità tali da poter imporre ai Paesi più piccoli le loro regole commerciali e politiche. Perfino lo Stato più economicamente possente del nostro continente, la Germania, non potrà che sottostare ai diktat delle vere potenze mondiali.
La dimostrazione è già visibile oggi con tutti gli Stati dell’Unione che sono costretti ad accettare le regole e i comportamenti imposti dagli Stati Uniti che agiscono (ovviamente) solo per il loro interesse. Non mi si venga a dire che volere l’Ucraina nella NATO e/o nella UE sia nell’interesse dei Paesi europei!
La conseguenza di questa assurda scelta è una crisi economica continentale mentre i grassi produttori americani di armi si riempiono le tasche e Washington approva finanziamenti per le imprese americane che invogliano le nostre a delocalizzare laggiù. Come poteva essere diversamente se una difesa europea non esiste e se ogni Governo nazionale fa per sé, negoziando la politica a livello bilaterale con i vari grandi?
Qualcuno sostiene che per poter avere una voce unica e agire quindi con più forza occorrerebbe eliminare il voto all’unanimità e allargare il voto a maggioranza. Tuttavia questa strada non farebbe che peggiorare l’attuale situazione sbagliata.
L’Europa di oggi non è democratica, checché se ne dica. Il Parlamento ha poca voce in capitolo, la Commissione è composta da individui che nessun cittadino ha votato a rappresentarli e le decisioni importanti sono prese in Consigli dei Ministri che lo fanno senza alcuna trasparenza o mandati specifici. Applicare il voto a maggioranza non farebbe che aumentare la non democraticità di queste istituzioni.
La Commissione, quella che dovrebbe costituire l’esecutivo impone spesso scelte e regolamenti che non sono mai stati discussi dalle popolazioni (nemmeno indirettamente) cui dovrebbero essere applicate. Vogliamo parlare delle “case green”? Oppure dei motori a combustione che dovrebbero sparire entro il 2035? In più riempie di procedure burocratiche complesse e spesso incompatibili con il buonsenso e gli esempi di questo andazzo ci circondano ovunque. Il Parlamento europeo nel suo piccolo segue tutto pedissequamente o, quando contesta, non ottiene nulla. Un esempio che lo dimostri? La sua richiesta alla discutibilissima (e indagata in Germania e a Bruxelles) von der Leyen di far conoscere il testo degli accordi da lei fatti con la società farmaceutica Pfizer ha ottenuto pagine piene di omissis e gli sms da lei scambiati (con un telefono personale e non quello di servizio) con l’AD di quella società non sono mai stati resi pubblici e ora sono spariti nel nulla.
Anche la volontà dichiarata a gran voce dagli attuali sedicenti europeisti di costituire un esercito europeo è solo una presa in giro per allocchi.
Come può esistere un esercito se chi dovrebbe guidarlo politicamente non esiste poiché ogni Stato membro persegue una propria politica estera diversa da quella degli altri? Non parliamo poi del comando delle truppe che dovrebbe essere a rotazione…
Purtroppo, la maggioranza dei partiti che si presentano ora a queste prossime elezioni non affronta questi temi e si limita a dire che ci vuole “Più Europa” (ma quale? Questa?) oppure che ce ne vuole di meno (cioè torniamo agli Stati nazionali soli e indipendenti?).
La realtà sta nel fatto che questa Europa è oggi totalmente inadeguata per come è costituita: non è né una Unione, né una Confederazione, né una Federazione. I trattati andavano modificati radicalmente prima degli allargamenti, non a caso voluti proprio da chi non voleva nascesse un’Europa politicamente unita. Oggi, modificarli con l’accordo di ventisette Stati è impossibile e, se non volgiamo morire d’inedia o accentuare il disamore popolare sempre più diffuso, si può soltanto pensare a un “nocciolo duro” di volonterosi che butti a mare la burocrazia elefantiaca di Bruxelles e ripensi daccapo cosa fare e come costruire quell’entità che, unica, potrà garantirci nel mondo sempre più competitivo la continuazione del benessere che tuttora abbiamo (fino a quando?).
Esempi di ciò che dovremmo fare già esiste e basta guardarsi intorno: USA, India, Svizzera, Canada ecc. sono Stati Federali. Anche per noi l’unica risposta alla necessità di una unione politica vera che garantista contemporaneamente una certa autonomia utile a rispondere alle diverse esigenze culturali, climatiche, linguistiche, sociali e altro è una Federazione di Stati. La moneta, la politica estera e di difesa devono essere comuni, così come i principi legislativi di base e una forza di polizia federale. Ogni Stato, al di fuori di questi settori deve mantenere la possibilità di ampi margini d’azione perché, ad esempio, la Svezia non ha le esigenze sociali ed economiche tutte perfettamente uguali a quelle di Malta o di Cipro. E così via.
C’è chi si riempie la bocca della parola “sussidiarietà”, ebbene che la si applichi veramente e in modo democratico. Avremmo allora non una Commissione di irresponsabili (democraticamente parlando) ma un vero governo federale che risponderà ad un vero Parlamento.
Basta con il Consiglio dei ministri che decide sopra le teste dei rispettivi Parlamenti e spazio a un governo federale reale, risultato da votazioni democratiche. Tuttavia non dobbiamo illuderci: oggi non esiste né la volontà politica né le condizioni che questa Europa proceda verso una vera unità.
Se non avverrà un qualche shock che cambi gli attuali equilibri, i politici ed i partiti che controllano tuttora Parlamento e Commissione dopo le elezioni ci riempiranno ancora la testa con chiacchere che non porteranno mai a nulla o, forse, succederà persino di peggio come quel “voto a maggioranza” accennato più sopra.
Auguriamoci dunque che chi andrà a votare sappia lanciare un vero segnale che dimostri che quella seguita sinora è la strada sbagliata e che lo spavento che tale voto causerà obblighi i politici più lungimiranti a intraprendere un nuovo e più salutare cammino.