L’italiano Carlo Chatrian, al suo primo anno da direttore artistico, ha annunciato che il film di apertura sarà “2 Guns” di Baltasar Kormákur, che a Locarno, nel 2000, aveva presentato “101 Reykjavik” e che, ora, dirige Denzel Washington, Mark Wahlberg e Paula Patton, in una trama con sceneggiatura di Blake Masters, basata sull’omonima graphic novel di Steven Grant.
Il programma ufficiale di questa edizione del Locarno Film Festival sarà reso noto il 18 luglio, ma sappiamo da ora anche il film di chiusura: “On the Way to School” di Pascal Plisson, che segue quattro ragazzi impegnati in varie parti del mondo, dal Kenya al Marocco, dall’India alla Patagonia, mentre compiono il tragitto che li conduce da casa a scuola.
Il Pardo alla carriera andrà a Sergio Castellito, mentre è già tutto esaurito, per il Festival, nella cittadina svizzera che, in 66 anni di storia, ha saputo conquistarsi un posto unico nel panorama delle grandi manifestazioni cinematografiche, come occasione per scoprire nuovi talenti e nuove tendenze, dove è avvenuto, prima che altrove, il riconoscimento di giovani talenti provenienti da tutto il mondo, come, nel tempo, Claude Chabrol, Stanley Kubrick, Spike Lee, Gus Van Sant e tanti altri.
Situata sulle rive del lago Maggiore ai piedi delle Alpi, la città medievale di Locarno è la cornice ideale per un Festival cinematografico, capace non solo di accogliere le delegazioni che accompagnano i film selezionati, gli ospiti più prestigiosi e i professionisti del settore, ma di affiscinare gli appassionati grazie alle atmosfere rilassate e conviviali, che compongono un perfetto connubio tra “dolce vita” e professionalità, serietà e servizi.
Fondato nel 1946, il Festival è uno dei più antichi del mondo, insieme a Venezia e Cannes ed ha conservato, sempre, la sua vocazione di scoperta e innovazione, attento a tutti gli sviluppi del cinema contemporaneo e sempre alla ricerca delle produzioni più innovative del momento, rinomato per la sua programmazione, aperta e impegnativa al contempo, con numerose prime mondiali e internazionali.
Dai campioni di incassi degli studios alle pellicole totalmente indipendenti, dai film di genere al cinema sperimentale fino ai migliori documentari e cortometraggi, la selezione di Locarno non ha mai deluso, presentando ogni anno i più grandi autori di oggi e di domani.
A Locarno, infine, è sempre stato molto apprezzato il nostro cinema ed anche solo tenendo conto delle ultime edizioni, è qui che a Valeria Golino è stato attribuito (nel 2010) il Pardo di Domani per “Armandino e il Madre”; che il Premio Don Quijote della Federazione Internazionale dei Cineclub sia andato a “Sette opere di misericordia” dei fratelli De Serio (2011); il Pardo D’Oro e il Premio George Foundation a “Estate di Giacomo” di Alessandro Comodin (2011) e, lo scorso anno, il Pardo Di Domani al corto di Rosa Barba “A fractured pay”, dove, con acuto impiego di diverse collezioni di opere d’arte (quadri, sculture, opere su carta) conservate nei magazzini dei musei, come riserva di personaggi da cui attingere, si delinea un modo nuovo di far vivere gli oggetti.
Carlo Chatrain è stato nominato direttore artistico lo scorso 4 dicembre, dopo un ricco curriculum che lo vede curatore di numerose rassegne e collaboratore di festival e istituti quali Cinéma du réel di Parigi, Museo nazionale del cinema di Torino, Courmayeur – Noir in Festival, oltre che Vicedirettore dell’Alba Film Festival dal 2001 al 2007 e membro del comitato di selezione del Festival dei Popoli di Firenze e del Festival Visions du Réel di Nyon.
Come ha ricordato il Presidente del Festival, l’italiano Marco Solari, la collaborazione di Chatrian con il Pardo è iniziata nel 2002 e dal 2006 al 2009 egli ha fatto parte del comitato di selezione, oltre ad aver curato le retrospettive su Nanni Moretti, Manga Impact, Ernst Lubitsch, Vincente Minnelli, Otto Preminger, anche in veste di consulente della Cineteca svizzera di Losanna e di direttore della Fondazione Film Commission Vallée d’Aoste.
E che sia persona di valore, Chatrian lo ha dimostrato curanto, a marzo scorso, realizzando “L’immagine e la parola”, una sorta di prefestival senza l’ossessione della competizione e che previlegia il dialogo e il percorso formativo, dedicato ai film di alcuni liberi battitori, cineasti che, prima di impegnarsi a dare forma a un racconto, mettono in discussione il nesso assodato tra immagine e suono, persone che, in modo non diverso da quanto accadeva dagli artisti e pensatori che nel corso degli anni si sono riuniti sul “Monte Verità”, non riconoscendosi in un sistema generale, cercano strade nuove per esprimere non quanto esiste sotto i loro occhi, ma quello che i loro occhi vedono prima che esista. Come il cinema, come arte, dovrebbe fare, non limitandosi ad essere uno spettacolo per sole immagini in cui la parola arriva solo in seguito.
Discussione su questo articolo