Nato e cresciuto con la consapevolezza che avrebbe potuto realmente cambiare le sorti di questo Paese, impelagato tra estenuanti trattative e mediazioni con i due partiti di maggioranza che al loro interno riservano assai più correnti di quanto ne possa mai avere il più correntizio mare, c’è da ammettere che Silvio Berlusconi non è mai stato un dio della politica ma anzi l’illuminata illusione del centrodestra. Dopo innumerevoli ingressi nell’urna, e dopo parecchie schede sbarrate anche sul suo nome, oggi più che mai c’è da rendersi conto dell’errore più grande che si sia mai potuto commettere: portare i partiti che hanno perso le elezioni nel 2008 a contrattare per un governo tecnico espressione di un lavorio parlamentare simbolo di un’Italia lontana, uno sparigliare totale rispetto alle visioni di legittimazione popolare a cui lo stesso Cavaliere ci aveva, almeno questo meno male, abituati. L’errore più grande, perché errore è stato, è stato quello di insistere fino alla fine, scassando la filettatura di una lampadina ormai fulminata, ed un partito di maggioranza contraddetto al suo interno quasi allo stremo.
Se questo è il risultato, cioè un governo imbastito in tutta fretta per dare quelle risposte che la santa Europa si aspetta, situazione in mano esclusiva al Capo dello Stato, è possibile dire che la missione di Silvio Berlusconi è totalmente fallita. Se l’intento era quello di lasciare all’Italia un grande partito unitario del centrodestra che mettesse insieme quel che restava degli ex fascisti, i liberali forzisti e i moderati centristi, oggi questi intenti vengono prevedibilmente disattesi e anzi profanati. Avrebbe dovuto fare un passo indietro con la maggioranza parlamentare in tasca, Berlusconi, così da avere ancora ampio margine di manovra dinanzi al Presidente della Repubblica, e la possibilità di allargare la maggioranza all’Udc favorendo la ricomposizione di quel fronte moderato dei partiti facenti parte del Ppe in Europa, mantenendo così saldi i ranghi di una coalizione ora sfaldatasi irrimediabilmente. Inutile contrattare per un sottosegretario; inutile anche mantenere alcuni ministeri.
Col berlusconismo termina anche la speranza di quei tanti italiani che hanno creduto alla discesa in campo del Cavaliere nel 1994, alle riforme liberali annunciate e ai programmi elettorali spediti a milioni di famiglie. Con il berlusconismo finisce il centrodestra per come siamo stati abituati a conoscerlo. Un libera tutti inconcludente, un sacrificio troppo grande per quei tanti cittadini che si sono illusi di credere in qualcosa. Se dev’essere, siano gli italiani quindi a ricomporlo, quel centrodestra. Lo si decida dal basso il leader, lo si decida dal basso il programma elettorale. Si dia adesso a loro lo scettro democratico della legittimazione popolare, spauracchio per la sinistra e vanto, eventualmente, di una nuova destra moderna ed europea.
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