Lo psichiatra Paolo Crepet è intervenuto su Radio Cusano Campus e ha analizzato il risultato di una ricerca secondo la quale un adolescente su 4 soffre di depressione a causa del covid.
“Le persone normali osservano, quelle intelligenti prevedono. Avevo detto e scritto ad inizio pandemia che questo sarebbe accaduto. Per cogliere certi segnali basta andare in una piazza di una grande città per vedere cosa accade ai ragazzi. Il disagio non è nato con la pandemia, arriva da lontano. 30 anni fa proposi la figura dello psicologo scolastico ed i presidi mi risposero che non capivo nulla”.
“Non basta mandare qualcuno in una clinica a prendersi una “glucosata” con qualcosa dentro, questo si chiama pedofobia, odio nel confronto dei giovani. I figli non sono macchine da rimettere a posto, serve tempo per aiutarli. Se avessi 16 anni sarei incazzatissimo per come si continua a trattare i giovani”.
“La DAD ha fatto dei macelli. Immaginate cosa vuol dire per un adolescente in piena crescita stare in casa con la mamma sempre. Ad esempio non si vendono più motorini. È un disastro perché vuol dire non c’è più libertà. Per noi i 14 anni erano una festa, dovevamo rompere le palle ai genitori per farci fare il motorino. L’educazione per gli adulti è avere il coraggio di fidarsi dei giovani che invece devono sfidare le proprie libertà. Se non accade questo come cavolo si fa ad aver coraggio di fidarsi di un figlio, soprattutto se è chiuso in camera?”.
Crepet ha attaccato ancora la gestione del sistema scolastico: “Dei mononeuronici hanno proposto di togliere l’esame di italiano dalla maturità. Sarebbe stato interessante chiedere di scrivere l’esperienza dei giovani durante la pandemia ed il lockdown. Ho proposto a privati e ad alcune importanti Amministrazioni regionali un progetto di centro anticrisi per gli adolescenti, ma pare non interessi”.
Crepet è preoccupato per il futuro: “Non vorrei che quei bambini cresciuti in pandemia passassero da una galera domestica ad una galera tecnologica scolastica. Non vorrei che venisse violato un diritto universale, ovvero giocare con gli altri, quindi stare all’interno di una comunità che ha delle regole e che va a sviluppare il talento. Questo diceva Maria Montessori, ma oggi siamo lontani anni luce dal suo pensiero. I giovani di questa generazione sono gli amministratori delegati di domani. Oggi tante aziende, nel cambio generazionale, muoiono perché non possono lasciare il comando ai figli, perché non sanno fare nulla”.