Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e induzione in falso in atto pubblico. Sono i reati contestati dalla Guardia di finanza di Livorno agli ideatori di un giro di ‘matrimoni di convenienza’ tra italiani, sudamericani e nordafricani finalizzati all’ottenimento di un titolo di soggiorno nel nostro Paese.
In carcere e’ finito un 55enne della Repubblica Dominicana, da anni residente nel capoluogo toscano, ritenuto la ‘mente’ dell’organizzazione, mentre per 4 italiani, tra cui una donna, e’ scattato l’obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria.
In almeno 24 occasioni in cinque anni, altrettanti livornesi – 15 uomini e 9 donne – hanno sposato con rito civile stranieri (16 provenienti dalla Repubblica Dominicana, 2 dal Peru’, 1 da Cuba, 2 dalla Nigeria, 1 dal Marocco, 1 dalla Tunisia e 1 dal Senegal) costretti a versare una somma compresa tra i 6 mila e gli 8 mila euro.
Di regola, i neo coniugi si incontravano solo per le formalita’ burocratiche e dopo il fatidico ‘si”, nella maggior parte dei casi, si separavano appena usciti dal Municipio. L’operazione “Stranamore”, coordinata dalla procura di Livorno, ha visto impegnati 100 finanzieri appartenenti a 10 Reparti del Corpo, coordinati dal Comando provinciale e dal Nucleo di polizia economico-finanziaria: 55 le perquisizioni eseguite nelle province di Livorno, Siena, La Spezia, Torino e Padova, con l’acquisizione di copiosa documentazione. Cinquantasei complessivamente gli indagati.
Considerando solo i 24 matrimoni di cui e’ stata accertata la falsita’ (ma il numero e’ probabilmente destinato ad aumentare sulla base degli elementi raccolti), il volume d’affari illecito e’ nell’ordine dei 150-200 mila euro: il cachet veniva ripartito tra il “coniuge” italiano, l'”agente matrimoniale” dominicano e gli altri complici. Ignari e incolpevolmente coinvolti nel sistema illecito sono risultati i pubblici ufficiali intervenuti nella celebrazione delle 24 nozze (in 23 casi presso il Comune di Livorno e in un’occasione presso quello di Rosignano Marittimo) e nel rilascio dei titoli di soggiorno.
Di regola, gli organizzatori reclutavano gli ‘sposi’ tra italiani di ambo i sessi, per lo piu’ gravitanti nelle aree limitrofe a piazza della Repubblica e via Garibaldi, spesso bisognosi di denaro per acquistare stupefacenti. Le coppie erano caratterizzate dalla differenza d’eta’, a volte anche consistente: in due casi, le “spose” dominicane poco dopo i ‘fiori d’arancio’ si sono ritrovate vedove di uomini anche di trenta anni piu’ anziani. Ad una di queste, poco piu’ che 40enne, e’ stato contestato anche l’abbandono di persona incapace di provvedere a se stessa in ragione delle patologie sofferte e dell’eta’ avanzata del coniuge, ultra 70enne: tra l’altro, non appena appresa la notizia del decesso dell’uomo, la donna ha fatto precipitoso ritorno in Italia dalla Spagna subentrando quale erede nella locazione di una casa popolare a Livorno.
A conferma di quanto labile fosse il rapporto tra i coniugi, il caso di uno “sposo” italiano che, a distanza di alcuni anni dal matrimonio, ha deciso di divorziare ed e’ stato nuovamente rivolto al mediatore dominicano poiche’ non era in grado di ricordare il nome della donna con la quale aveva contratto le nozze: lui non era riuscito a trovare il cognome della moglie nemmeno tramite affannose ricerche sui social e sul web. In un altro caso, la differenza linguistica tra un livornese e una dominicana stava per diventare un ostacolo che non avrebbe consentito di perfezionare il rito nuziale ma il “wedding planner” si e’ offerto come interprete in grado di garantire il minimo ‘sindacale’ di dialogo tra i due.