Ogni anno 100mila italiani scelgono di lasciare il Paese per trasferirsi oltre confine. Il quotidiano Repubblica oggi dedica un focus all’emigrazione italiana, “un fenomeno di cui si parla poco”, scrive “oppure se ne parla enfatizzandone solo una componente, così ci si concentra sulla “fuga dei cervelli”, sui giovani laureati costretti ad allontanarsi dal nostro paese”.
Ma la nuova emigrazione italiana all’estero “non si limita ai lavori più brillanti come la ricerca scientifica o gli incarichi nelle istituzioni europee, anzi: include attività manuali meno qualificate. E negli ultimi tempi è arrivata a sfiorare cifre che ci riportano nel secolo scorso, al principio degli anni Settanta, alla stagione che chiude decenni segnati dall’ esodo di massa”.
“Qualche numero per capire il fenomeno: dopo il 2011, il calcolo annuale dei nostri connazionali espatriati comincia a salire da 50mila a 115mila, arrivando a disegnare un’emorragia”.
“Quali sono i tratti che differenziano la nuova emigrazione dal grande esodo del dopoguerra? La novità più dirimente – continua Repubblica – riguarda il lavoro e la composizione sociale. Se prima si trattava di ‘emigrazione proletaria’ – spiega Enrico Pugliese – oggi il quadro risulta molto più articolato, tra ‘fuga di cervelli’ e ‘fuga di braccia’, con un livello di scolarizzazione più alto anche nel caso di occupazioni manuali”.