La bellezza, intesa come cura del proprio corpo e ammirazione per il bell’aspetto altrui, nasce con l’uomo evolvendosi con lui nel corso dei secoli, riflettendo in maniera fedele ed emblematica ogni epoca e società. Nel Rinascimento si assiste al trionfo della bellezza come cultura e come ideale. C’è un ritorno agli schemi classici del bello anche nelle arti figurative. I grandi artisti rinascimentali, come Michelangelo e Raffaello, ritraggono modelli dai volti intensi e dai corpi sensuali. Si diffondono nuovi modi di vestire, lussuosi ed eleganti e si intensificano gli scambi commerciali con l’Oriente di sete, gemme e cosmetici rari. L’Italia, con la corte dei Medici, fa da maestra nell’uso di cosmetici per profumare e decorare il corpo prima alla Francia e poi all’Inghilterra.
L’arte italiana aveva iniziato a percorrere una strada autonoma, sia rispetto all’arte medievale sia rispetto a quella gotica, già alla metà del XIII secolo. È in questa fase che va individuato il reale punto di svolta che porta alla nascita di quella che la moderna storiografia definisce, appunto, «arte italiana». Ma i primi periodi furono soprattutto di incubazione e di sperimentazione: solo all’inizio del XV secolo l’arte italiana pervenne ad una condizione di vera maturazione proponendo una visione artistica pienamente innovativa, e che segnò l’inizio della modernità. Da questo momento, l’arte che nasce a Firenze e si irradia prima in Italia e poi in tutta Europa, non la definiamo più «italiana», ma “rinascimentale”, utilizzando un termine usato per la prima volta da uno storico tedesco, Jacob Burckhardt, nell’Ottocento. Con questo termine si vuole sottolineare come, da questo momento, l’arte torna ad una visione estetica molto simile a quella dell’età classica.
In pratica, nel Quattrocento l’arte non nasce ma «rinasce», in quanto essa ci ripropone modelli simili a quelli già realizzati dagli antichi greci e dagli antichi romani. Il Rinascimento è un periodo culturale ed artistico della storia d’Europa collocabile tra fine-Medioevo e inizio dell’età moderna, a grandi linee tra la metà del XV secolo e la metà del XVI. Questo periodo vide l’affermarsi di un nuovo ideale di vita e il rifiorire degli studi umanistici (da qui il termine “umanesimo”) e delle arti figurative. Nella scienza, nella teologia, nella letteratura e nell’arte il Rinascimento prese il via con la riscoperta dei testi greci e latini, i cosiddetti classici, che erano conservati nell’Impero Bizantino e nei principali monasteri europei in epoca medievale, fattore scatenante di una gran massa di nuovi studi ed invenzioni fondamentali avvenute nel secolo successivo. Alcuni storici fissano convenzionalmente la fine del Rinascimento al 1527, quando le truppe spagnole e tedesche saccheggiarono Roma guidate da Carlo V, fatto increscioso che provocò una serie di conseguenze sia religiose che artistiche di fondamentale importanza. La prima fase del Rinascimento, che arrivò all’incirca fino agli anni trenta/quaranta del XV secolo, fu un’epoca di grande sperimentazione spesso entusiastica, caratterizzata da un approccio tecnico e pratico dove le innovazioni e i nuovi traguardi non rimanevano isolati, ma venivano sempre ripresi e sviluppati dai giovani artisti, in uno straordinario crescendo che, nella Firenze del tempo, non aveva pari in nessun altro paese europeo. Botticelli è un grande artista, ma non è l’unico rappresentante di questa felicissima congiuntura storico-artistica: per fare solo alcuni nomi, Ghirlandaio, Filippino Lippi, che seguirono di pochi anni a Filippo Lippi, Beato Angelico, Masaccio e precedettero la grande stagione resa tale da Leonardo, Raffaello, Michelangelo e sfociata nella particolarissima produzione dei manieristi, a Firenze, per esempio, Andrea Del Sarto, Pontormo, Rosso Fiorentino.
Da oggi e sino al 15 gennaio Le Scuderie del Quirinale ospitano la mostra: “Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del 40”, promossa dalla Takeda Italia Farmaceutici, azienda leader nel trattamento e prevenzione di importanti patologie, quali le cardio-metaboliche ed oncologiche, come quinta edizione di “Capodanno d’Arte”, iniziativa che abbina cultura e prevenzione, regalando ai cittadini di Milano e Roma, ad anni alterni, la possibilita’ di visitare gratuitamente gli eventi d’arte piu’ prestigiosi degli ultimi dodici mesi. In occasione dell’evento, che torma nella Roma da cui partì cinque anni fa, Takeda regalerà, a tutti coloro che prenderanno parte all’iniziativa, l’opuscolo ”In prospettiva” contenente alcune curiosità sull’artista Filippino Lippi e sul ‘400 e semplici consigli per uno stile di vita equilibrato. Nato a Prato verso il 1557, dalla relazione clandestina di Fra Filippo Lippi e la monaca Lucrezia Buti, Filippo, chiamato Filippino per distinguerlo dal padre, è stato uno dei più famosi e apprezzati pittori del suo tempo, o, cui il Vasari riserva parole di elogio per il "tanto ingegno" e la "vaghissima e copiosa invenzione". E fu proprio alla bottega di Botticelli che Filippino si formò, apprezzassimo dal suo maestro e mentore e che seppe essere artista eclettico e versatile più di ogni altro, con commissioni a Firenze e nel suo territorio, ma anche a Lucca, a Genova, a Bologna e a Pavia; particolarmente innovativo nel campo decorativo e delle arti applicate, come attestano gli affreschi della Cappella Carafa nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma e della Cappella Strozzi in Santa Maria Novella a Firenze, cicli pittorici in cui la sua fantasia sbrigliata e capricciosa emerge sicura, tanto da farne un maestro di grande modernità. La mostra delle Scuderie del Quirinale è stata pensata per presentare al pubblico i circa trentaquattro anni di attività del maestro, proficui come pochi altri, per quantità e qualità di opere: dalle tavole agli affreschi, ai raffinati disegni su carte colorate, veri e propri capolavori a se stanti. Opere celebri e preziosissime che giungono per l’occasione, come consuetudine per le grandi mostre delle Scuderie del Quirinale, dai più importanti musei di tutto il mondo. In questo inenarrabile universo di brutture, raccomandiamo a tutti, ma soprattutto agli aquilani, di visitare la mostra, per “appoggiare" lo sguardo su qualcosa di bello, che possa riconciliarci con la vita e con l’armonia. Cinquanta opere di un maestro a confronto col il suo maestro (di Botticelli sono esposte 7 opere), che da vita ad un "duello" di grandezza, nel periodo forse più vitale della storia di Firenze e della sua Arte. Di Filippino Lippi, il grande Vasari nel 1568, come ricordato, dice che era “pittore di bellissimo ingegno e vaghissima invenzione” e " egli fu di tanto ingegno e di sí copiosa invenzione nella pittura, e tanto bizzarro e nuovo ne’ suoi ornamenti, che fu il primo il quale a’ moderni mostrasse il nuovo modo di variare abiti et abbellisse ornatamente con antichi abiti e veste soccinte le figure che e’ faceva. Fu primo ancora a dar luce alle grottesche, che somiglino l’antico; e le mise in opera di terretta e colorite in fregi, con piú disegno e grazia che gli inanzi a lui non avevano fatto. Maravigliosa cosa era a vedere gli strani capricci che nascevano nel suo fare, atteso che e’ non lavorò mai opera che delle cose antiche di Roma con gran studio non si servisse, invasi, calzari, trofei, bandiere, cimieri et ornamenti di tempii, abbigliamenti da dosso a figure; onde grandissimo e sempiterno obligo se gli debbe avere, sendo egli stato quello che ha dato principio alla bellezza et all’ornamento di questa arte, la quale con i destri modi suoi è venuta a quella perfezione dove ella si truova al presente." Per l’occasione alle scuderie del Quirinale vengono esposte sue opere diverse per natura e tema, dalle tavole agli affreschi, ai raffinati disegni su carte colorate, veri e propri capolavori a se stanti. Opere celebri e preziosissime che giungono per l’occasione dai più importanti musei di tutto il mondo e da poche, superbe, collezioni private. Oltre a ciò si troveranno esposti anche mille altri oggetti che serviranno a raccontare meglio la vita dell’uomo e dell’artista Lippi , ma anche la vita dell’epoca in cui si mosse insieme a tanti altri geni immortali. Ci sono lettere di elogio, contratti, inventari, registrazioni e perfino la denuncia anonima, in data 8 maggio 1461, circa la nascita illegittima di Filippino dalla relazione tra Fra Filippo con la monaca Lucrezia Buti. Un vasto campo di curiosità e di storia, come vedete. Non rimane, quindi, che fare un salto nella Città Eterna per ammirare tanta bellezza e riconciliarsi con essa, per dare pace ed armonia ai nostri spiriti inquieti. Se i fiorentini e gli italiani ebbero la coscienza di vivere in un mondo nuovo, è difficile dirlo. Per loro, probabilmente il mondo si evolveva lentamente verso stadi di maggiore civiltà, ma senza radicali fratture. Per noi, invece, analizzando la cultura di quei secoli, si ha la sensazione di una precisa cesura: ad un certo punto finisce il medioevo ed inizia un’era nuova. Alle Scuderie, ammirando le opere esposte, sarà possibile comprendere de visu, come, nella prima metà del Quattrocento, ciò che più impressionava erano le leggi della prospettiva, non tanto le regole di razionalità che ne erano alla base. Dopo l’insegnamento dei tre maestri Brunelleschi, Masaccio e Donatello, gli altri artisti preferirono seguire ancora un percorso di mediazione. Su uno stile, che rimase ancora di formazione tardo gotica, inserirono la novità della prospettiva, spesso solo come nuovo elemento stilistico alla moda. Ciò avvenne in artisti particolari quali Paolo Uccello, il Beato Angelico Filippo o, appunto, Filippino Lippi. E, visitando, la mostra, sarà anche possibile comprendere perché tanto si è riflettuto, in passato, fra belo e sublime, distinzione che venne formalmente esplicitata dal filosofo e uomo politico irlandese, che poi ha vissuto in Inghilterra, Edmund Burke, che scrive nel 1757 la Inquiry, l’Inchiesta sul bello e sul sublime. La distinzione è molto netta e verrà poi ripresa da Kant diventando classica: il bello è legato intanto al piacere, poi al sesso femminile, poi al sesso in generale, al piacere sessuale, e poi alla socialità. Quindi bello è ciò che ha grazia, che non turba, che attrae e che, soprattutto, mette gli uomini in rapporto fra di loro. Invece il sublime è legato alla paura, soprattutto alla morte, perché è ciò che minaccia la mia "self-preservation" – dice Burke – è legato alla mia "autoconservazione", è legato poi al sesso maschile, alla virilità ed in particolare all’assenza, alla privazione; quindi privazione di luce, il buio, privazione di forma, il deforme o l’informe, privazione di sentimento, e quindi noia o, ad esempio, distruzione fisica totale. Osservando le magistrali opere di Filippino e del suo maestro, si comprenderà che l’arte colloca in sé le due forme ed insieme le trasmette come messaggio, sicché l’oggetto artistico è una specie di finestra che ci spalanca la percezione di qualcosa che non conosciamo, di un abisso. È una porta schiusa dal sensibile all’ultrasensibile, ma un ultrasensibile che non viene dichiarato. Quindi non c’è passaggio dal bello sensibile al bello intelligibile; si resta nell’intelligibile, ma, per così dire, con una specie di emorragia del sensibile. Perché, si sa,. che il sensibile non basta.
Discussione su questo articolo