Roberto Menia torna in Parlamento. Con Fratelli d’Italia, naturalmente. “Umanamente è piacevole ovviamente, ma lo è ancora di più a livello politico. Mi fa piacere riprendere un cammino dentro le istituzioni”.
A colloquio con Italiachiamaitalia.it, il Segretario Generale del Comitato Tricolore per gli italiani nel mondo spiega: “Non ho mai smesso di fare politica. Rivendico di averla fatta per scelta, fin da quando ero ragazzo, senza mai cambiare rotta. C’è stato un momento difficile per tutta la destra… Ora abbiamo ripreso il filo di un cammino comune”.
Grande successo, in Italia, di Giorgia Meloni; grande vittoria del centrodestra unito. All’estero, tuttavia, al contrario di quanto accaduto in Patria, il centrodestra non ha brillato, per usare un eufemismo: su dodici parlamentari eletti all’estero, sette sono del Partito Democratico. Solo due quelli del centrodestra: uno di Fratelli d’Italia, Andrea Di Giuseppe, eletto in Nord e Centro America, e l’altro del Carroccio, Simone Billi, eletto in Europa.
Cos’è successo? Perché in Italia è boom del centrodestra, mentre oltre confine è – quasi – una disfatta?
“E’ evidente che questo si deve anche al meccanismo di voto all’estero”, replica Menia. “Qualcuno, infatti, mi dovrebbe spiegare perché gli italiani nel mondo dovrebbero votare in maniera opposta rispetto a quelli residenti in Italia. Nella stessa Australia il Pd sale al 40%, un 10% in più rispetto all’altra volta…”.
C’è chi dice che forse le liste del centrodestra erano piuttosto deboli… “In Europa il Pd elegge Crisanti, che non vive all’estero ed è diventato famoso per il Covid”, replica Menia. “No, non si tratta di liste deboli. Noi sappiamo come la sinistra ha avuto i voti. Vogliamo parlare del ruolo che hanno i patronati ad ogni elezione?”.
A proposito della conferenza stampa sul voto all’estero, tenutasi alla Camera dei Deputati nei giorni scorsi, il neoeletto spiega: “Quella conferenza mi ha lasciato molto perplesso. Prima di tutto quando qualcuno va in rappresentanza del centrodestra farebbe bene a dirlo ai colleghi della propria coalizione. Ma a parte questo… Ci sono troppe cose che non tornano. Credo nel voto all’estero, ho percorso il cammino di Mirko Tremaglia insieme a lui, è stata una battaglia per l’Italia nel mondo. Ma tra schede inviate ai morti e postini compiacenti… il voto non è sicuro né segreto. Non si può continuare così, è uno schifo”.
Soluzioni? “Voto elettronico. Non vedo altre vie possibili. Ormai facciamo tutto con il telefono… Almeno sapremo che voterà chi ha davvero diritto di farlo. E sarà un voto personale e segreto. Questa dev’essere l’ultima volta che all’estero si vota con un meccanismo del genere”.
LA POLITICA PROMETTE UNA RIFORMA DEL VOTO ALL’ESTERO: GUARDA IL VIDEO
Forse, sempre parlando di voto all’estero, è arrivata l’ora di togliere le preferenze? “Perché no? Si potrebbe pensare a un processo trasparente di selezione, per esempio le primarie dentro ai partiti. Del resto in Italia ci sono i collegi blindati. Se i partiti potessero scegliere, anche all’estero, sceglierebbero il meglio che hanno da offrire. Se invece devono mettere chi è in grado di raccogliere più preferenze, in tutti i modi possibili… Ci siamo capiti, no?”. Sì, perfettamente.